La Bussola - Casazza
novembre 2012
"UNA FESTA SENZA FINE"

indice degli articoli:
"Carissimi": il messaggio del parroco
Apertura dell'anno della fede
Al suo posto
Lectio Divina
I catechisti nell'anno della fede
RistruttORATORIAMOCI
Chi è il padrino della cresima
Oratorio: dove siamo? dove andiamo?
Riflessioni sulla fede
Halloween: No, grazie! Siamo cristiani
Quelle foto senza sfondo
Torneo GSO Casazza 2012
Ottobre nella nostra parrocchia

Carissimi,

- L’Anno della Fede.
- A 50 anni dal Concilio Ecumenico Vaticano II.
- La Diocesi Bresciana verso le Comunità Pastorali.
- Il nostro lento e faticoso cammino.
- La Festa di “Tutti i Santi”.
Riflettiamo e discutiamo su tante cose, ma così poco di Paradiso.
Una festa senza fine - Un’immensa festa popolare in cui si acclama a Dio e ci si ritrova tutti fratelli: ecco come S. Giovanni apostolo nel libro dell’Apocalisse ci presenta il paradiso. Immagini che evocano la sazietà dopo la miseria, il riposo dopo la fatica, la gloria dopo il martirio, la sicurezza e l’amore dopo i dispiaceri e le difficoltà.
E’ la pace che l’uomo avrà quando avrà ritrovato colui che è la vita stessa.
Immagini eloquenti per esprimere la gioia di ogni uomo di fronte al Padre vero dei cieli, all’amore in persona. Allora il tempo, sorgente d’inquietudine o di speranza dubbiosa, svanirà. La gioia non conoscerà che un presente senza fine.
“Io Giovanni, vidi un angelo che saliva da oriente e aveva il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare: “Non devastate né la terra, né il mare, né le piante, finché non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi”. Poi udii il numero di coloro che furon segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli d’Israele.
Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce: “La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello”.
Allora tutti gli angeli che stavano sul trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo: “Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazia, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen”.
Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: “Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?”. Gli risposi: “Signore mio, tu lo sai!”. E lui: “Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello”. (Ap. 7,2-4.9-14).
La festa di tutti i santi non è un sogno sganciato dalla nostra esistenza, ma la celebrazione di ciò verso cui noi stessi ci stiamo incamminando.

il vostro parroco,
Don GianMario

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APERTURA DELL'ANNO DELLA FEDE

Giovedì 11 ottobre è stata celebrata la solenne Apertura dell’Anno della fede in Piazza san Pietro.
Domenica 21 ottobre, si è svolta la Canonizzazione di sei martiri e confessori della fede, fra i quali Giovanni Battista Piamarta, sacerdote bresciano testimone della fede nell’educazione alla gioventù.

La “cosa più importante” sia quella di ravvivare in tutta la Chiesa “quell’anelito a riannunciare Cristo all’uomo contemporaneo” appoggiandosi sulla base concreta dei documenti conciliari. Così il Papa che giovedì 11 ottobre, in coincidenza con il 50.mo dell’inizio del Concilio Vaticano II e il 20.mo della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, ha presieduto la Santa Messa per l'apertura dell’Anno della fede.
“Con grande gioia oggi, a 50 anni dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, diamo inizio all’Anno della fede”.
Questo Anno della fede, sottolinea il Papa, è legato a tutto il cammino della Chiesa negli ultimi 50 anni: "dal Concilio, attraverso il Magistero del Servo di Dio Paolo VI, il quale indisse un «Anno della fede» nel 1967, fino al Grande Giubileo del 2000, con il quale il Beato Giovanni Paolo II ha riproposto all’intera umanità Gesù Cristo quale unico Salvatore, ieri, oggi e sempre”. Il Papa ribadisce il senso del Concilio Vaticano II ricordando le parole dello stesso Giovanni XXIII all’inaugurazione dell’assise conciliare da lui convocata: lo scopo principale di questo Concilio non è la discussione di questo o quel tema della dottrina ma far sì che “questa dottrina certa e immutabile sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo”.
“Perciò ritengo che la cosa più importante, sia ravvivare in tutta la Chiesa quella positiva tensione, quell’anelito a riannunciare Cristo all’uomo contemporaneo”.
Ma – avverte il Papa - affinché questa spinta interiore alla nuova evangelizzazione “non pecchi di confusione, occorre che essa si appoggi ad una base concreta e precisa”, che sono i documenti del Concilio Vaticano II. Il riferimento a questi “mette al riparo dagli estremi di nostalgie anacronistiche e di corse in avanti, e consente di cogliere la novità nella continuità”.
“Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fede e la nuova evangelizzazione – afferma - non è per onorare una ricorrenza, ma perché ce n’è bisogno, ancor più che 50 anni fa!”. In questi decenni è avanzata una “desertificazione” spirituale, si è diffuso il vuoto, ma è proprio a partire dall’esperienza di deserto che si può riscoprire la gioia di credere: “E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza. La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimismo.
“Ecco allora come possiamo raffigurare questo Anno della fede: un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo, in cui portare il Vangelo e la fede della Chiesa, di cui i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II sono luminosa espressione”. Come pure lo è il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato 20 anni or sono, ricorda ancora Benedetto XVI che conclude chiedendo che la Vergine Maria “brilli sempre come stella sul cammino della nuova evangelizzazione”.

La Redazione

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AL SUO POSTO

Come è difficile affidarsi a Dio e fare la sua volontà non sapendo niente di ciò che accadrà nel nostro futuro anche prossimo

di Bruno Ferrero (tratto da “C'è Qualcuno Lassù”)

Il vecchio eremita Sebastiano pregava di solito in un piccolo santuario isolato su una collina. In esso si venerava un crocifisso che aveva ricevuto il significativo titolo di "Cristo delle grazie".
Arrivava gente da tutto il paese per impetrare grazie e aiuto.
Il vecchio Sebastiano decise un giorno di chiedere anche lui una grazia e, inginocchiato davanti all'immagine, pregò: "Signore, voglio soffrire con te. Lasciami prendere il tuo posto. Voglio stare io sulla croce". Rimase silenzioso con gli occhi fissi alla croce, aspettando una risposta.
Improvvisamente il Crocifisso mosse le labbra e gli disse: "Amico mio, accetto il tuo desiderio, ma ad una condizione: qualunque cosa succeda, qualunque cosa tu veda, devi stare sempre in silenzio".
"Te lo prometto, Signore". Avvenne lo scambio.
Nessuno dei fedeli si rese conto che ora c'era Sebastiano inchiodato alla croce, mentre il Signore aveva preso il posto dell'eremita. I devoti continuavano a sfilare, invocando grazie, e Sebastiano, fedele alla promessa, taceva.
Finché un giorno... Arrivò un riccone e, dopo aver pregato, dimenticò sul gradino la sua borsa piena di monete d'oro. Sebastiano vide, ma conservò il silenzio.
Non parlò neppure un'ora dopo, quando arrivò un povero che, incredulo per tanta fortuna, prese la borsa e se ne andò.
Né aprì bocca quando davanti a lui si inginocchiò un giovane che chiedeva la sua protezione prima di intraprendere un lungo viaggio per mare. Ma non riuscì a resistere quando vide tornare di corsa l'uomo ricco che, credendo che fosse stato il giovane a derubarlo della borsa di monete d'oro, gridava a gran voce per chiamare le guardie e farlo arrestare.
Si udì allora un grido: "Fermi!".
Stupiti, tutti guardarono in alto e videro che era stato il crocifisso a gridare. Sebastiano spiegò come erano andate le cose. Il ricco corse allora a cercare il povero. Il giovane se ne andò in gran fretta per non perdere il suo viaggio.
Quando nel santuario non rimase più nessuno, Cristo si rivolse a Sebastiano e lo rimproverò. "Scendi dalla croce. Non sei degno di occupare il mio posto. Non hai saputo stare zitto".
"Ma, Signore" protestò, confuso, Sebastiano. "Dovevo permettere quell'ingiustizia?".
"Tu non sai" rispose il Signore, "che al ricco conveniva perdere la borsa, perché con quel denaro stava per commettere un'ingiustizia. Il povero, al contrario, aveva un gran bisogno di quel denaro. Quanto al ragazzo, se fosse stato trattenuto dalle guardie avrebbe perso l'imbarco e si sarebbe salvato la vita, perché in questo momento la sua nave sta colando a picco in alto mare".
Lo scrittore Piero Chiara, poco religioso, era molto amico dello scultore Francesco Messina, che era invece profondamente credente.
Quando Chiara era prossimo alla morte, Messina si recò al suo capezzale e, prendendogli la mano, gli chiese: "Dimmi Piero, come stai a fede?".
Chiara lo fissò con gli occhi dolenti e rispose: "io mi fido di te".
Sono le parole più belle che possiamo dire ad un amico: "Io mi fido di te".
E' la preghiera più bella che possiamo rivolgere a Dio: "Io mi fido di Te".

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LECTIO DIVINA

di Cesare Filippini
«…Per avere in eredità la vita eterna»
(Mc. 10,17-27)

Gesù, come sempre i tuoi piedi si impolverano
sulla strada che si snoda come un serpentone.
La strada è divenuta la tua cattedra,
perché sulla strada polverosa
puoi incontrare chiunque ti cerchi,
puoi incontrare anche “un tale”
che ti sta correndo incontro,
un senza nome, un senza volto.
Però sappiamo che è «un giovane ricco».
Non lo chiami per nome
perché non è stato capace
di una scelta fondamentale
e perché al tuo invito
«si fece scuro in volto e se ne andò rattristato».
Eppure si era presentato bene,
ti aveva chiamato:
«Maestro buono», in tono affettuoso,
mettendosi in ginocchio di fronte a Te,
ma, forse, questo “tale”, non aveva le idee chiare,
pensava che la vita eterna
si potesse comperare o «avere in eredità».
Che cosa gli avevi chiesto Tu
perché potesse acquisire questa vita eterna?
I comandamenti li aveva sempre osservati
fin dalla sua giovinezza.
Siccome è sincero e leale
Tu fissi lo sguardo su di lui
e lo ami talmente e tanto profondamente
che gli dici subito quello che gli manca:
«va, vendi quello che hai e dallo ai poveri,
e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi».
Gesù, Ti sei accorto che l’hai investito
con cinque verbi - va’, vendi, dà, vieni, seguimi –
che lo hanno sconvolto?
Questi verbi sono scesi come sciabolate
nel suo cuore e nella sua mente.
Lui sperava di poter “ereditare” la vita eterna,
anche “comperarla”, se fosse stato necessario.
Spesso anch’io non comprendo bene
che imitarti, o Maestro buono,
è una scelta che non contempla né se, né ma,
è una scelta radicale! Anch’io sono ricco,
ricco di amore, di intelligenza, di volontà, di amicizie,
ricchezze che posso offrire ai tanti
che ne hanno bisogno, soprattutto oggi,
ma che spesso tengo egoisticamente per me
e questa scelta non mi fa decidere di seguirti…
e trovo tante motivazioni per avallare la mia scelta,
non a seguire la tua che è liberante
«una cosa sola ti manca…».
E mi rattristo, e con quel “tale”
mi alzo repentinamente,
chino il capo per non venir nuovamente
colpito da quel tuo sguardo
e, triste, mi allontano.
Sì, triste!
Se Tu non fossi stato così esigente,
mi dico, avresti avuto un altro discepolo,
quindi ho ancora il coraggio di incolpare Te.
L’avere, l’apparire, lo sfruttare
sono realtà terrene importanti
e purtroppo, spesso,
occupano il primo posto nel mio cuore,
forse l’hanno già soffocato.
Gesù, ho una curiosità!
Che cosa è successo a questo “giovane ricco”?
Che cosa ha realizzato nella sua vita?
Ti ha cercato ancora
O questo incontro è stato l’unico?
Io penso che non abbia mai dimenticato
Il tuo dolce sguardo carico di amore.
Come anch’io non lo scorderò mai!

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I CATECHISTI NELL'ANNO DELLA FEDE

I catechisti della nostra Parrocchia hanno ricevuto, domenica 7 ottobre, il mandato della Comunità a contribuire alla trasmissione della Fede attraverso la delicata attività di incontro e formazione.

Una parte di essi sarà impegnata ad accompagnare i fanciulli nel cammino di iniziazione cristiana, altri cureranno gli appuntamenti di catechesi per gli adulti, un bel gruppo si occuperà di pastorale giovanile.

Una grande novità della attività catechistica di quest’anno è l’aver concentrato al venerdì gli incontri di fanciulli, ragazzi e giovani.
Praticamente senza soluzione di continuità, dal primo pomeriggio fino a sera, il nostro oratorio assiste ad un gioioso avvicendarsi di piccoli e grandi che si ritrovano, si incontrano per coltivare la loro amicizia con Gesù: un vero spettacolo!
Per quanto riguarda il cammino di catechesi dei nostri bambini, la nostra Comunità è chiamata a partecipare alla celebrazione dei Riti che il nuovo piano di Iniziazione Cristiana prevede.
Costituiscono segni concreti del percorso che i nostri "piccoli" stanno seguendo in preparazione al grande incontro con Gesù Eucaristia, accompagnano tutto l'itinerario e rappresentano espressione di fede semplice, ma profonda. Consentono di accogliere la grazia propria di ogni tappa e segnano la progressiva adesione al mistero della salvezza.
Forse noi adulti non siamo pronti a cogliere il messaggio che ogni segno è capace di donare, ma per i bambini celebrare è facile:
i catechisti ottengono il mandato durante la celebrazione del 7 ottobre

vivono l'azione liturgica con quella genuinità che consente loro di far proprio un gesto e il suo significato.
Per ultimo, è importante ricordare che i nostri catechisti, insieme a quelli di altre parrocchie della Zona Pastorale, partecipano ad incontri di approfondimento sui temi dell'Iniziazione Cristiana guidati da madre Eliana Zanoletti. Questo fa sì che il momento di formazione dei catechisti sia motivo di condivisione e di crescita con altre persone che in altri ambiti sono chiamati a ricoprire (e a riscoprire) questo delicatissimo ruolo.

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RistruttORATORIAMOCI

Per mantenere la Comunità Parrocchiale sempre al corrente dello stato di avanzamento dei lavori di sistemazione e ristrutturazione degli ambienti dell’Oratorio, riferiamo i “passi” che sono stati compiuti nell’ultimo mese.
Sono stati completati i lavori edili ed idraulici relativi a: - messa a norma dell'impianto antincendio della Parrocchia; - sistemazione dei contatori e dei relativi impianti a gas (in particolare della cucina interrata); - completamento delle procedure tecnico burocratiche per l'agibilità della cucina stessa (sino ad ora totalmente mancanti).
In coincidenza con la Festa della Parrocchia la cucina è tornata agibile e fruibile dalla Comunità e se ne sono accorti con gusto tutti coloro che hanno partecipato al pranzo comunitario.
Ora, come previsto, si darà il via all’impostazione del piano lavori per il completamento della ristrutturazione del Teatro Parrocchiale.

 

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CHI È IL PADRINO DELLA CRESIMA

Un concreto esempio di come si vive da cristiani.
Non un santo, ma un cristiano serio.
Perché si è cristiani non per nascita, ma per scelta.

'Scegliamo la nonna, se no si offende'. 'No, tuo cugino: loro hanno chiesto a noi di fare i testimoni alle nozze'.
Sono davvero questi i criteri per scegliere il padrino della cresima?
La scelta del padrino o madrina interpella una famiglia.
Per la verità, non è la cosa più importante della Cresima: la sostanza è la fiducia nello Spirito Santo, che Dio dona per l'avventura umana dei nostri figli.
Ma il padrino è una figura che custodisce un valore prezioso: non si è cristiani per nascita, ma per scelta e per cammino, fatto in una famiglia "grande": la Chiesa.
Il padrino è colui che all'interno della comunità cristiana accompagna il ragazzo a conoscere Gesù e a seguirlo. Un esempio che lo incoraggia a fidarsi di Gesù in ogni stagione della sua vita e sappiamo quanto gli esempi siano più efficaci delle parole.
Ecco allora cosa una famiglia dovrebbe dire circa il padrino della cresima: ''L’abbiamo scelto anzitutto perché, per nostro figlio/nostra figlia, è un concreto esempio di come si vive da cristiani.'' Siamo infatti consapevoli che non si sceglie il padrino/la madrina con il criterio degli obblighi familiari, del prestigio sociale, della simpatia o per altri motivi estranei allo stile cristiano.
Desideriamo piuttosto una persona che con il suo esempio incoraggi nostro figlio ad essere cristiano e aiuti noi genitori a continuare ad educarlo alla fede in Gesù.
Non un santo, uno perfetto: ma uno per cui il Vangelo non è una bella favola e che cerca di viverlo trattando gli altri da fratelli, fidandosi di Dio. Uno a cui la Chiesa non è estranea, ma la frequenta perché lì incontra Dio.
Uno con le mille magagne di tutti noi, certo. Ma che ci prova ad essere cristiano. Seriamente e lietamente.
La legge della Chiesa indica alcune caratteristiche (Codice di Diritto canonico, canone 893 e canone 874):
- non è il padre o la madre del cresimando,
- ha compiuto 16 anni, è cattolico/a,
- ha ricevuto i Sacramenti dell'Eucaristia e della Cresima,
- vive una vita conforme all'incarico di padrino/madrina,
- non è colpito da nessuna pena canonica,
- non vive in situazioni matrimoniali irregolari come quella di divorziato risposato,
convivente, sposato solo civilmente.
Queste caratteristiche non sono certo un giudizio sulla persona, sia chiaro.
Significa semplicemente che lo stato di vita in cui si trovano, non è quello che la Chiesa indica come oggettivamente evangelico...
Dove indirizzare allora la scelta?
Ovunque ci sia un esempio concreto di vita cristiana. Lo puoi trovare tra i parenti, gli amici, i conoscenti. Anche tra i giovani o gli adulti che voi e vostro figlio avete conosciuto nella comunità cristiana in questi anni.
Può esserlo il padrino/madrina del suo Battesimo: questa scelta esprime la continuità del cammino. Ciò che conta è l'esempio di vita cristiana seria e affascinante.
Sarà bello che in famiglia, genitori e figlio, scelgano insieme una figura così. Un'altra occasione per riconoscere dove soffia lo Spirito.
Buona ricerca!

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ORATORIO:
Dove siamo? Dove andiamo?

Una riflessione del cardinale Carlo Maria Martini che può aiutarci nella strada di un approfondimento sul valore e sul ruolo dell’Oratorio
(dal messaggio per la festa di apertura degli Oratori dell’Arcidiocesi di Milano, Settembre 2000)

Desidero che per tutti ci sia, prima di immergersi nella vorticosa impresa dei molti compiti educativi, una sosta, contemplativa e silenziosa, nel cammino.
È necessario dare spazio a due semplici domande: dove siamo? Dove andiamo?
Rispondendo potremo più facilmente riconoscerci come pellegrini… protesi tra la rinnovata memoria delle meraviglie di Dio e l’attesa del loro definitivo compimento.
Dove siamo?
Siamo in un Oratorio che non può e non vuole essere un’isola incantata e felice, staccata dalla complessità della vita familiare, ecclesiale e sociale di oggi.
Siamo in tante comunità cristiane che avvertono le difficoltà della condizione giovanile e riconoscono molti problemi che, se anche non sono dell’Oratorio, sono però evidenti nell’Oratorio.
Chiedono di essere affrontati non come errori, ma come segnali di possibili e forse doverosi mutamenti, profetici anche se faticosi.
Siamo nel solco della ricchissima storia di fede della nostra Chiesa, dove gli Oratori sono visti con giusto vanto. Vanno riconosciuti, ma non assolutizzati: oggi l’Oratorio è uno strumento privilegiato che non può però realizzare da solo tutta la pastorale giovanile di un comunità. Le sfide e le inquietudini delle giovani generazioni si devono affrontare anche oltre l’Oratorio, cercando rapporti e reti educative anche su nuove frontiere (soprattutto pensando alla fascia di età dagli adolescenti in su).
Dove andiamo?
Per rispondere, andremo anzitutto a quel luogo privilegiato della memoria delle opere mirabili di Dio che è la Sacra Scrittura, riscoprendo che è proprio nella lettura orante della Bibbia che tante persone trovano il coraggio, la luce e la grazia con cui accompagnare il cammino di crescita di molti giovani.
Andremo poi a valorizzare le potenzialità insite nella generosa e vasta dedizione educativa che molti attuano gratuitamente nelle nostre comunità.
Ma non basta. Dovremo anche vincere un certo smarrimento che può essere procurato dalla percezione della complessità delle sfide educative.
A paralizzarci potrebbe essere, infatti, l’incertezza della nostra fede, segnata da una sorta di vuoto della memoria, dalla frammentazione del presente e dalla carenza di immagine del futuro. Avremo bisogno
di riflettere e contemplare.
Auspico dunque che - a vari livelli, locali e diocesani - si avvii una riflessione ampia e profonda sui “nodi” che gli Oratori incontrano oggi nelle loro proposte educative. Penso, ad esempio, al rapporto con i genitori, o, ancora, alla presenza di giovani stranieri della seconda generazione.
Riflettere sull’Oratorio oggi è un modo di coglierne e valorizzare la tradizione, aggiornandola al presente, con forte stimolo al suo progresso.

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RIFLESSIONI SULLA FEDE

Fede, speranza e carità: sono i temi trattati da don Faustino Guerini durante i tre giorni di preparazione alla festa parrocchiale. La proposta serale prevedeva il rosario comunitario con don GianMario e a seguire la riflessione su quelle che, recitavano i vecchi catechismi, sono le tre virtù teologali. Non sono in grado di sintetizzare i contenuti in maniera organica, in ogni caso tenterò di riportarne qualche passaggio assieme alle suggestioni che la riflessione ha provocato in me.

Come è meglio definire la fede? è un dono? o forse una conquista? Probabilmente tutte le definizioni portano in sé un limite. Una cosa però è certa: parlare di fede coinvolge l'interezza della persona: il cuore, la ragione e le azioni che compie. Molti sono però convinti che la fede sia un fatto privato, che non ha nulla a che vedere con la ragione, tant'é che così recita il luogo comune: "la fede da una parte, la ragione dall’altra!". Eppure la nostra vita e la convivenza sociale stessa, è piena di atti di fede. Se fosse il contrario dovremmo dubitare di tutto e di tutti, pure del cibo che ingeriamo! quindi la fede è proprio una questione di ragionevolezza!
Tuttavia basta soddisfare le condizioni di conoscenza e di libero arbitrio per decidere di avere fede in Dio? Certamente sono atti assolutamente ragionevoli, ma alla prova dei fatti non sono ancora sufficienti.

Don Faustino ha ricordato che la fede è un dono e che si trasmette già in ambito familiare (e attraverso i sacramenti del battesimo e della cresima vi è la partecipazione della comunità cristiana), ma rischia di diventare un dono inutile, un ricordo dimenticato in un baule in soffitta. Allora qual è la dinamica che permette alla fede di essere vissuta pienamente? Sono forse i valori che essa trasmette? No, perché la fede è più che un ideale.
Ce lo evidenzia il brano evangelico proposto (Luca 7, 1-10): è la guarigione del servo del centurione, un pagano, che però prega Gesù con quelle parole che ricordiamo nel rito di comunione durante la Messa: "Signore non sono degno che tu entri sotto il mio tetto ... ma comanda una parola e il mio servo sarà guarito".
Gesù rimane ammirato dalle parole del centurione ed esclama: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!"
Perché mai? Perché il centurione ha dimostrato di avere una dote necessaria per avere fede: è l'umiltà.
Solo attraverso l’umiltà è possibile riconoscere il proprio limite e permettere a Dio di agire con la sua grazia: il centurione che era insediato a Cafarnao su mandato del pretore romano e quindi con ampi poteri sulla popolazione non si sente comunque degno di avvicinarsi a Gesù: tuttavia manifesta la fede in Lui meglio di chiunque altro.

Ma ancora non basta. La fede non si possiede una volte per tutte: essa viene costantemente provata. E quando succede è allora che si parla di crisi. Se anche i santi ci sono passati allora vuol dire che non si tratta di un'anomalia. Nell'amore come nell’amicizia la fiducia è un presupposto fondamentale, ma ci sono dei momenti, delle situazioni dove qualcosa si spezza.
Ma cosa vuol dire esattamente crisi? E’ un'antica parola greca che vuol dire "giudizio", ma i latini la declinarono anche con un significato più tecnico: "gradino". Sono interessanti entrambe le accezioni. Don Faustino si è soffermato sul termine gradino, perché con la crisi ci viene chiesto di fare un passo faticoso verso l'alto: un salto di qualità, senza il quale la nostra fede non matura.
La fede dunque è un dono, ma può accrescere e dare frutto solo se sappiamo lasciarci giudicare con umiltà e coraggio durante le prove di questa grande avventura che è la vita. E se la conversione è una scelta che costa, che può farci soffrire, allora guardiamo con fiducia ai frutti di redenzione che continuamente scaturiscono dall’estremo sacrificio di Gesù sulla croce. Ogni atto di fede non è che una risposta ad un atto di amore, che per essere davvero tale deve farci un po’ male.

Marek

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HALLOWEEN? NO, GRAZIE:
SIAMO CRISTIANI!

Ma cosa c’entra la nostra fede cristiana con un “ballo in maschera”?
C’entra, eccome! Soprattutto quando la “mascherata” màschera qualcosa di pericoloso per i nostri figli e per noi.
LE ORIGINI
Il 31 ottobre è una data importante nella cultura celtica e nel satanismo.
Per la religione celtica segnava l’inizio dell’inverno ed era la data in cui si svolgeva una delle quattro grandi riunioni (sabba). I suoi sacerdoti (druidi) credevano che in quel giorno (ultimo del loro calendario) il dio della morte riuniva le anime dei defunti che erano state obbligate ad entrare nei corpi degli animali e le chiamava sulla Terra a decidere quale forma dovevano prendere l’anno seguente: demoni, fantasmi, pipistrelli e gatti neri giravano da tutte le parti.
Si credeva che il ritorno del periodo di dominio dell’inverno e dell’oscurità permettesse agli spiriti di tormentare i poveri mortali, i quali però, pagando con cibi e ghiottonerie, si procuravano la sicurezza per loro e le proprie case. È facile vedere in queste credenze e pratiche la fonte dei nostri costumi di Halloween: le figure mascherate, il "trick o treat" (dammi un regalo, o ti faccio una maledizione).
In sostanza, Halloween celebra la 'sconfitta' del sole, l'arrivo del freddo, l'infertilità della natura, la morte, gli spiriti della notte e della distruzione. Abbiamo davvero voglia di festeggiare tutto questo?
La festa di Halloween ci introduce, con un approccio giocoso, alla mentalità macabra e occultista. Siamo sicuri che sia un bene accompagnare i nostri figli ad accettare acriticamente questo spirito e rendersene partecipi?
IL SIGNIFICATO PROFONDO
Il vero senso di Halloween è l’affermazione che dopo la vita terrena per l’uomo non c’è la Luce, ma solo buio, morte, freddo, che tutto vince e distrugge.
L’uomo può (anzi deve) offrire “dolcetti” per rendersi amici gli inviati del dio della morte (possiamo anche chiamarlo diavolo) che abitano il doloroso oltretomba. D’altra parte, l’uomo, stringendo un patto con il diavolo, ricorrendo alla magia può piegare il volere della divinità a proprio vantaggio.
Già questo stridente contrasto con gli elementi basilari della Fede cristiana dovrebbe essere sufficiente, per capire il pericolo di quelle “innocenti feste mascherate”…
I credenti in Cristo hanno al contrario una grande considerazione della vita, della luce e dell'amore, come forza in grado di riempire perfino la sofferenza e il vuoto e di dare senso all'esistenza. Per questo i credenti non amano la festa della morte e del buio, dove prevalgono gli spiriti del caos e dell'annientamento.
Celebrare la festa di halloween è come celebrare il ricordo di un patto con il diavolo, il farlo per gioco non ci risparmia dalle sue conseguenze, spesso disastrose!
CHE MESSAGGIO PASSA?
Qual è, poi, il messaggio che arriva ai nostri inconsapevoli ragazzi?
L’enfasi di Hallowen è sulla paura, sulla morte, sugli spiriti, la stregoneria, la violenza, i demoni. E i bambini sono particolarmente influenzabili in questo campo. Molti simboli sono chiarissimi e nasconderli sotto forma di mascherata è una bella pensata (oserei dire diabolica!). Si accetta per “normale” il gusto per l’orrido che può dare conseguenze psicologiche e comportamentali negative nel lungo periodo depressione – satanismo).
Si esalta il ruolo della “magia”: pensare che l’uomo ha il potere di modificare gli eventi a suo piacere attraverso elementi della natura, può salvarsi senza affidarsi a Dio. Non dimentichiamo che le disastrose conseguenze dell'inalazione magica non sono immediate, ma si manifestano a distanza di anni.
Stiamo attenti a permettere che i nostri bambini si abituino o, ancor peggio, si educhino all’occulto!
Il “male” sa sfruttare benissimo le nostre ignoranze per trarci in inganno. Occultismo e spiritismo sono veleni che facilmente si annidano nell’animo degli adolescenti: se si beve un veleno “per gioco” ci si avvelena davvero!
Giovani e meno giovani stiano accorti a non avvinghiarci al mondo esoterico attraverso i rituali spacciati come feste, specialmente a halloween!
Ma allora… Dobbiamo proprio impedire che i nostri ragazzi vivano un momento di festa il 31 ottobre? Ci sono così poche (??) occasioni per far baldoria!
HOLY WIN (Santa Vittoria)
Da alcuni anni, negli Oratori di molte città italiane, il 31 ottobre si organizzano le ‘feste della luce’, una vera e propria controffensiva ai festeggiamenti delle tenebre, con canti al Signore e giochi.
Il nostro Vescovo Luciano ha espressamente decretato come “non ammesse” in oratorio le feste di halloween e proprio nella Diocesi di Brescia, quest’anno, alcuni animatori della pastorale giovanile hanno aderito alla proposta “Holy Win”. E’ un invito ai giovani e bambini, in occasione della Vigilia di Ognissanti a riscoprire la figura dei santi: uomini e donne che, in carne e ossa, hanno vissuto la Fede in Cristo e testimoniato che la vita ha un senso nell’ottica della Sua Risurrezione. Perché non provare allora a mettersi nei loro panni (cosa ben diversa dal travestirsi!) e ricercare il valore dei segni che nell’iconografia tradizionale li caratterizzano per farne conoscere a tutti la freschezza e la luminosità?
Vogliamo sempre celebrare Gesù Cristo che è venuto affinché avessimo la Vita in abbondanza, che è felice se facciamo festa tra di noi e con Lui, gustando cose belle anche per il nostro cuore!
In questo Anno della Fede abbiamo più bisogno di riappropriarci delle nostre “radici”, che non di ostentare le nostre “zucche vuote”!

Carmine

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QUELLE FOTO SENZA SFONDO

Le prime volte che da bambino con la mia famiglia andavo in visita al cimitero restavo spesso affascinato dalle foto sulle lapidi. Quelle che mi accoglievano nella parte più antica del camposanto della mia città erano ovviamente in bianco e nero, senza sfondo e ritraevano spesso distinti signori dai folti baffoni, la barba ben curata e lo sguardo severo; oppure donne dall’aspetto carico di dignità dagli occhi materni, a volte un po’ spaventati. Erano uomini e donne dei primi del ‘900 che mi incutevano timore, quasi a volermi dire: “Qui c’è poco da scherzare, cosa vuoi moccioso?”.
Anche i ritratti dei miei parenti mi raccontavano poco: appartenevano a una realtà troppo lontana da me, la loro morte non mi riguardava, forse pensavo che la “morte” non mi riguardasse affatto.
Quelle foto, però, mi incuriosivano: avevo voglia di conoscere cosa ci fosse stato al di là di quello sfondo bianco, dietro quei baffi spigolosi… Così, dai racconti in famiglia, pian piano, venivo a conoscere la vita di alcune di quelle persone, gli episodi, le difficoltà, i momenti di serenità nei viaggi sui carretti verso la campagna, le riunioni familiari vissute alla luce di lampade a petrolio, i piccoli/grandi drammi, le gerarchie interne all’ambito familiare, fonte di ordine apparente e latente insoddisfazione.
Poco alla volta, mi sembrava che quelle immobili espressioni sul freddo marmo si colorassero dei piccoli gesti che parlavano di fede e di amore, di passione … di vita. Un anno dopo l’altro, scoprivo un filo rosso che legava la mia vita all’esperienza di chi mi aveva preceduto e che aveva contribuito a determinare quello che ero io e la mia famiglia.
Nel tempo, quel cimitero si è popolato di tanti altri volti a me sempre più cari che con sguardo pieno di calore mi parlavano di momenti vissuti insieme, di insegnamenti che mi accompagnano nel cammino di fede e di vita. Sento che la morte mi appartiene, ma non come atto di chiusura, quanto come momento che eternizza un’esperienza, come distacco che avvicina in modo straordinariamente nuovo chi ha percorso un tratto di strada con me.
Sento la vicinanza di quanti nel corso degli anni hanno riempito la mia vita, particolarmente nelle celebrazioni eucaristiche, ma anche nei momenti di preghiera, nelle occasioni in cui osservo una foto, negli attimi in cui mi fermo e prendo in mano gli anni trascorsi, nei giorni in cui entro in un cimitero.
Ormai mi capita molto di rado di riuscire ad andare nel camposanto della mia città, ma immagino che dietro le folte barbe e gli sguardi severi ci sia un sorriso di profonda vita ad attendermi.

Carmine

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TORNEO GSO CASAZZA 2012

Anche quest'anno si è svolto il torneo di calcio a 7 organizzato dal GSO CASAZZA, terza edizione, dedicato alle categorie Under 8, Under 12, Under 14, Juniores.
Grazie alla collaborazione di tutti i componenti del GSO CASAZZA e di tutti coloro che hanno allestito in maniera esemplare lo stand gastronomico,  possiamo ritenerci tutti molto soddisfatti dell'andamento del torneo che si svolto nell'ultimo fine settimana di settembre per Under 12 e Under 14, nella prima settimana di ottobre per under 8 e Juniores.
Le squadre partecipanti sono state:
Under 8: Bovezzo-Prealpino / GSO Casazza / San Giacomo A E San Giacomo B
Under 12: Botticino/San Giacomo / GSO Casazza / Badia.
Under 14: San Giacomo / GSO Casazza / San Zeno / Castegnato.
Juniores: San Giacomo / GSO Casazza /Padergnone /Castelmella.
Per la categoria Under 8 la vittoria è stata del Bovezzo-Prealpino, per gli Under 12 del Badia, per gli Under 14 del GSO CASAZZA e per gli Juniores del San Giacomo.
Le partite sono state tutte avvincenti, ma sicuramente le piu' simpatiche sono state quelle degli Under 8, tutti rincorrevano il pallone seguendo le indicazioni dei loro allenatori e soprattutto dei loro familiari che dagli spalti si prodigavano nell'incitarli.
Anche nelle altre categorie si sono viste delle buone in individualità, sono stati premiati  per le varie categorie il miglior portiere ed il capo cannoniere: il nostro Daniele Pacini, per la categoria Under 14, ha vinto la classifica marcatori con ben 8 gol.
Da sottolineare che in generale è stato un torneo all'insegna dell'educazione, del saper stare insieme con un sano spirito sportivo e, soprattutto, del divertimento per i ragazzi.  
In conclusione. grazie a tutti coloro che si sono prodigati nell'organizzazione di questo torneo affinché tutto procedesse nel migliore dei modi.
Arrivederci all'anno prossimo!

Roberto

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OTTOBRE NELLA NOSTRA PARROCCHIA

E’ domenica 8 ottobre, ore 10.30, in uno scantinato del supermercato in via Casazza a Brescia, Don Angelo Zanola, su incarico del Vescovo Mons. Morstabilini, celebra la S. Messa e si “autopresenta” come Parroco della erigenda parrocchia Maria Madre della Chiesa.
E’ l’anno 1967, un centinaio di fedeli affolla il locale per partecipare all’Eucaristia e gettare le basi di quella che è la Comunità parrocchiale di un quartiere di periferia, ancora terreno da coltivare così come è gran parte dell’area che costituisce la superficie parrocchiale.
Il “seminatore” inviato a far fruttificare quella “terra vergine”, don Angelo, ha operato come curato a Nave per cinque anni e per i successivi dieci sarà guida, punto di riferimento e profondo conoscitore della gente che popola il nuovo insediamento urbano.
Da quel giorno tanta acqua è passata sotto i ponti, tante cose sono cambiate, tanti edifici hanno trasformato quella terra, tanti uomini e tante donne hanno ricevuto e donato amore all’ombra del nostro campanile.
Don Angelo ha continuato il suo percorso, incrociando prima le strade di Provaglio d’Iseo, poi quelle più polverose del Brasile, per ritornare alla Casa del Padre il 1° ottobre 2005.
Per ringraziare di tutto questo il Signore, domenica 21 ottobre 2012, la nostra chiesa ha gioiosamente accolto la corale della parrocchia dei SS. Pietro e Paolo di Provaglio d’Iseo e Don Gianni Bracchi, suo parroco, che con il nostro Don GianMario, ha fatto memoria dell’opera pastorale di Don Zanola, tanto caro e sempre vivo nel ricordo di chi lo ha conosciuto.
Ma il mese di ottobre, per la nostra Comunità significa anche “Festa Patronale” ed è stata vera festa mariana: sobria, semplice, di riflessione e condivisione.
La S. Messa delle 10.30 del 14 ottobre è stata presieduta da Mons. Vigilio Mario Olmi, Vescovo emerito, già ausiliare di Brescia. Nell’omelia ha ricordato come il titolo di “Madre della Chiesa”, pur essendo da secoli già profondamente diffuso e popolare, è stato proclamato dal Concilio Vaticano II, che ha esplicitato una realtà di Maria così vera e così vicina a ciascun cristiano da riscoprire nella sua straordinaria portata.
Il pranzo comunitario, il tombolone e la pesca hanno reso piacevolmente partecipata la festa e, grazie all’opera nascosta e preziosa di tante persone, sono stati vissuti gioiosi momenti di condivisione e incontro (è stato fra noi pure Don Evandro della Dote).
A introdurre le celebrazioni di ottobre, tanto significative per la nostra Parrocchia, è stato il “triduo” di incontri, guidati da Don Faustino Guerini, che ha condotto la riflessione su Speranza, Carità e Fede.
Dando una rapida lettura a quanto sopra brevemente ricordato, possiamo dire che il mese di ottobre è stato ricco di momenti di crescita, di opportunità di formazione, incontro e fraternità che si aggiungono a quelli “ordinari” di catechesi, preghiera, condivisione nelle varie realtà parrocchiali.
L’invito per tutti è quello di proseguire – in quest’Anno della Fede – a cogliere le occasione che il Signore pone sul nostro cammino per vivere pienamente la nostra Fede ed esserne testimoni fino agli estremi confini della Terra (ma anche nel più limitato ambito della nostra vita quotidiana).

C.B.