NATALE 2010

DIO, DOVE SEI? Incontri di riflessione con don Gian Mario

Si sono svolti nelle serate di giovedì 2, 9 e 16 dicembre gli incontri di riflessione con don Gian Mario, per il tempo d'Avvento, proposti come opportunità di un confronto a cui difficilmente siamo abituati, presi – come siamo – da mille impegni che non ci danno sosta e dai quali difficilmente riusciamo a fuggire.
Il luogo dove ci siamo incontrati è stato particolare: il salone del Centro Sociale. Per questo, ringraziamo la Circoscrizione Nord per averci dato la possibilità di incontrarci in quella sala, che ha permesso di proporre alcune riflessioni nel cuore del quartiere Casazza, consentendo a tutti di far proprio l’invito a partecipare.
La domanda da cui siamo partiti, che ha fatto da filo conduttore degli incontri, è uno di quei quesiti che nel corso della storia dell’Umanità e, probabilmente, nel corso della storia personale di ognuno di noi ricorre molto spesso: Dio, dove sei?
Se lo sono domandati tanti uomini, in occasione di catastrofi naturali o eventi bellici … se lo domanda la Società contemporanea, che da un lato è presa da un contagioso materialismo che vorrebbe relegare Dio nelle sacrestie e dall’altro lato è alla continua ricerca di trascendenza.
Probabilmente, è una domanda che ci siamo posti tante volte anche noi e che spesso abbiamo preferito accantonare.
Con l’aiuto di don Gian Mario, la abbiamo presa in mano per riflettere insieme, alla luce della Parola di Dio.

DA ABRAMO ALL’UOMO D’OGGI

Giovedì 2 dicembre si è svolto il primo incontro che ha avuto come traccia "Da Abramo all'uomo d'oggi." Don Gian Mario ci ha guidati nella conoscenza di Abramo, padre nella fede delle tre grandi religioni monoteiste.
E' il primo uomo che ha un incontro con Dio, è l'uomo che Dio chiama, scelto, eletto, separato dagli altri.
Abbiamo seguito l'incontro di Dio con quest'uomo, chiamato ad abbandonare il conosciuto, per andare verso una vita nuova e una meta che non conosce. Dio gli chiede di andare verso il "nuovo", a costo di ogni rischio, per una vita nuova, una vita di comunione con Lui.
Dio gli rivolge il suo "vattene", inteso come andare verso se stesso, perché se scopri te stesso scopri Dio. Lo invita a compiere tre rotture: lasciare la terra, rompere con il mondo idolatra, rompere i legami di sangue.
Perché Abramo? Non lo sappiamo, questa scelta appartiene solo a Dio, al Suo mistero. Non gli dice dove è l'obiettivo, gli chiede fiducia ... poi Dio stesso chiarirà la meta durante il cammino.
Dio ha chiesto ad Abramo fede. Rivolge la stessa richiesta anche agli uomini di oggi, che troppo spesso dimenticano Dio: chiede di fidarsi di Lui, di credere in Lui.
L'approfondimento proposto da don Gian Mario ci ha condotti gradualmente ad una attenta riflessione sulla shoah. Da questa riflessione è scaturita una prima risposta al nostro quesito. Dov'era Dio, quando veniva compiuto lo sterminio degli Ebrei? La risposta è: Dov'era l'uomo? Dov'era la sua umanità?
Quanto spesso, oggi, l'uomo si nasconde ... noi ci nascondiamo dal volto di Dio?

Carmine

PERCHÉ DIO SI È FATTO UOMO?

L’incontro con gli altri può arricchirci, è questa il primo messaggio che Don Gian Mario vuole comunicarci nella seconda serata di riflessione sul tema “Dio dove sei?” comunicandoci tutta la sua gioia nel vedere un pubblico così numeroso.
Che posto trova Dio nel nostro cuore? Noi siamo dei cechi che cercano la luce. Noi non possiamo vivere senza luce, quindi siamo alla continua ricerca di qualcosa che apra i nostri occhi.
Questo senso di inquietudine è un sentimento diffuso che accomuna i credenti e i non credenti. È impossibile ignorare questa inquietudine in noi stessi, perché questa domanda è presente nel nostro cuore. Dio chi sei per me? Chi sono io per te?
Questa domanda però può essere soffocata, fraintesa e spostata verso orizzonti indecifrabili, questo senso di smarrimento può venir spento sul nascere, assopirsi.
L’uomo ricerca la felicità, è un desiderio comune a tutta l’umanità. Quale felicità cerchiamo? La nostra ricerca può limitarsi alla salute, al cibo, al sesso, al piacere, alla carriera o al contrario possiamo abusare della religione e pretendere da Dio un segno della sua presenza con tono minaccioso e provocatorio; dov’era Dio quando abbiamo sofferto?
La storia è tristemente segnata da forze oscure che cercano di liberare l’uomo da Dio, come se Dio non volesse la nostra felicità. Dio però è l’Amante per eccellenza della felicità.
“La vita è bella”, la vita va vissuta nonostante i drammi, l’esistenza stessa è segno di felicità, non per tutti però è così. La fragilità infatti è una componente dell’uomo che si dimostra in tutta la sua autenticità nel bambino che nasce piangendo, segnato dalla vita e nelle storie di uomini poveri, abbandonati, carcerati … nel volto degli uomini ci sono più lacrime che sorrisi.
La sofferenza è un altro di quei grandi interrogativi, trattati anche nella Bibbia, in particolare in Giobbe; perché dobbiamo soffrire, morire? Giobbe ha sofferto ma infine ha sperato, ha creduto oltre la sua fragile umanità.
Il dolore rimane un mistero proprio dell’uomo, non per questo ci deve essere rassegnazione e da qui la voglia di nasconderlo, di non pensarci, di pensare solamente al piacere, al divertimento, allo sballo. Viviamo in un tempo che non accetta il dolore, gli dà fastidio la morte a tal punto che in alcune città i funerali vengono fatti al buio di notte così che la gente non li possa vedere.
Il livello culturale si è alzato, la conoscenza è maggiore, siamo più maturi ma allo stesso tempo siamo più soli. Senza una domanda di senso siamo impoveriti.
La domanda di stasera ci orienta, non ci importa di chiederci se c’è o no un Dio. Non ci importa teorizzare di un Dio lontano, impassibile a cui chiedere dove è nell’ingiustizia. La domanda da fare è relativa ad un Dio presente nella mia vita. Perché Dio s’è fatto uomo? Chi sono io? C’è qualcosa che mi lega a Lui?
La domanda di Dio ha il sapore dell’attesa, del futuro, come se noi non bastassimo, per questo nei giovani vediamo il futuro. La vita è sempre un dono da vivere anche per chi non vuole. Sono meno di quelli che pensiamo quelli che rinunciano a questo desiderio.
Per trovare la risposta nella vita è necessario aprirsi a colui che ci ha chiamati sin dal seno di nostra madre. Per il credente che non ha ancora la totalità, ma è in costante ricerca, si può riassumere nell’invito dei discepoli fatto a Gesù “aumenta la nostra fede”.
Credere è rimettere la nostra vita nell’altro, lasciarsi possedere dall’ascolto di Dio, essere docili, lasciare che i sentimenti sgorgano e abbandonarsi alla resa, alla garanzia che Dio ci consegna un grande dono; “vieni, non aver paura io ti prenderò, sorreggerò il tuo piede”.
Il credente è un ateo che ogni giorno si sforza di cominciare a credere, noi siamo dei ricercatori. Chi crede ha bisogno di mettersi ogni giorno alla ricerca. Per alimentare la nostra fede è necessaria la Preghiera e la Parola di Dio. Una relazione si alimenta, non si trascura con l’egoismo. Non si trascura una relazione se questa mi sta veramente a cuore. Bisogna dire no alla negligenza della fede, no alla convinzione esterna, alla mera tradizione … ogni giorno dobbiamo riscoprire la nostra fede.
La fede è un innamoramento quotidiano di un Dio che non è lontano. L’unica via è quella umile della sequela, credere all’amore di Dio nonostante i calci nei denti procurati dalle sofferenze della vita, rispondere affermativamente all’offerta d’amore di Dio, al suo dono che è ora e per sempre. La tenerezza di Dio non viene mai, sempre offre del cibo ai suoi pellegrini. “Tu ci hai fatto per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposiamo in te. (Sant’Agostino) “
Dobbiamo testimoniare questa verità, contagiare altre persone nella ricerca e mai sentirci arrivati. Anche se stanchi dobbiamo sempre cercare il volto di Dio. Finché siamo alla ricerca possiamo stare tranquilli, la nostra fede è salva.

DOV’È DIO?

Quando le cose ci interessano non c’è Santo che tenga. In questa serata di freddo il Don ha apprezzato la scelta di coloro che hanno affrontato il freddo pur di essere presenti a questo ultimo incontro.
Dov’è Dio? Solo Dio vede nel cuore dell’uomo, solo Dio giudica. La Fede è l’incontro con Gesù di Nazareth. Una persona nata in un luogo ben preciso della terra e in un tempo ben preciso della storia, una persona in carne ed ossa. Il Cristianesimo quindi non è una visione della vita, ma un incontro personale.
Anche Giovanni il Battista aveva dei dubbi, il modo di fare di Gesù aveva disatteso le sue speranze.
Tutti coloro che lo hanno incontrato e che, come i discepoli, hanno aderito alla sua vita possono affermare che la loro fede è cresciuta. La testimonianza di coloro che lo hanno visto aiuta la nostra fatica. Quel Dio che pensavamo lontano, si è fatto uomo, carne, vicino. Dio è vicino e allo stesso tempo inarrivabile. Dio è però visibile contemplando il suo volto e ascoltando la Parola. In Lui ci muoviamo, siamo, respiriamo.
Possiamo incontrare Gesù il Nazzareno? Si, con forza, trepidazione e convincimento. Ha percorso la nostra vita quotidiana, è entrato in relazione con noi. Non è fumo negli occhi è realtà.
Ci può sembrare lontano nello spazio e nel tempo ma noi siamo convinti di vederlo nel nostro quotidiano. Questa certezza ci proviene dai primi testimoni, da coloro che lo hanno ascoltato, visto e toccato.
Questa è stata una esperienza vera e personale. Una catena ininterrotta dei credenti fino ai testimoni oculari. Questa esperienza è vera e personale anche ora e adesso perché siamo in collegamento diretto con coloro che lo hanno visto morto e poi risorto.
Abbiamo bisogno di tante cose ma in fondo abbiamo bisogno semplicemente di vincere la solitudine, di sentirci amati. Abbiamo bisogno di Amore.
Molti credenti, anche tra i sacerdoti, hanno perso la voglia di combattere la buona battaglia. Alcuni preti testimoniano di una disaffezione alla parrocchia, alla S. Messa, alle confessioni … c’è ancora tanto bene però e il Don precisa: riscopro tanto bene in questa comunità.
La sete e la fame di Dio va cercata nei luoghi giusti. La Parola di Dio ci avvicina a questo innamorato che parla ai nostri cuori. Un ascolto intelligente, umile può saziare la nostra sete e la nostra fame a poco a poco. Solo Dio può irrompere nel silenzio del nostro cuore. Dio parla ancora, non se nascosto.
Niente avviene a caso, la grazia è dentro la nostra vita. La parola si è fatta carne, amore. È una forza liberante quella dello Spirito che ci fa conoscere e scoprire la gioia che scaturisce dalla Parola di Dio dalla relazione con Gesù. Dalla Parola nasce l’amore.
L’amore cambierà il mondo. Amare vuol dire donare la vita, servire gli altri, donarsi senza riserva.
L’amore è un frutto che nasce dalla Parola.
Nel silenzio riscopriamo questi valori, questa Gioia che nessuno potrà più toglierci, la conoscenza dell’amato.
Appoggiando il nostro capo sul cuore di Cristo non potremo più domandare “Dove sei?”.
Non dobbiamo però pretendere subito delle risposte pronte, siamo tutti ciechi, annaspiamo nel buio, Lui si fa trovare solo ad alcune condizioni.
Allora potremo dire: “Nel cuore della notte, un grido si ode: “Eccolo lo Sposo viene, l’Emmanuele, Salvatore.”
Si sperava lo straordinario, Dio invece viene nel quotidiano, nell’ordinario ed è proprio Lui a dirci che ha bisogno di NOI.

Andrea

Iniziazione cristiana - I Gruppi si presentano

La nostra Comunità parrocchiale, nelle scorse domeniche, ha accolto con il suo materno abbraccio le presentazioni dei gruppi di fanciulli che, intrapreso il cammino dell'iniziazione cristiana, vivono con impegno l'esperienza del catechismo.
Domenica 28 novembre, prima di avvento, i bambini del Gruppo Tiberiade (4° anno) hanno ricevuto una pergamena, su cui era impresso il "comandamento dell'amore" e hanno presentato alla preghiera della Comunità la tappa del proprio cammino, che quest'anno li porta a riflettere sulla storia della Salvezza
Sono stati così introdotti "ufficialmente" nell'ultimo anno di preparazione per l'incontro forte con Gesù nei sacramenti.
Comprendere che quell'incontro non è il raggiungimento di una meta, ma rappresenta il punto di partenza di una vita pienamente cristiana è la scommessa che ogni catechista punta a vincere contro la diffusa mentalità corrente ed è la realtà che ogni famiglia dovrebbe vivere nel seguire il percorso del proprio figlio.
I ragazzi del Gruppo Emmaus (6° anno), ormai consapevoli di quanto detto sopra, hanno ricevuto - la domenica successiva - il Passaporto del Cristiano. Questo importante "documento" è un invito a non essere "cristiani tiepidi" e rappresenta la loro chiamata a farsi testimoni di Cristo nel mondo: un passaporto non serve per girare per le vie di Casazza, ma è lo strumento per affrontare viaggi in ogni luogo della vita!
Il Gruppo Gerusalemme (5° anno), domenica scorsa ha espresso la scelta che ha maturato in questi anni di catechismo: ciascun bambino, con la consapevolezza raggiunta, ha presentato a tutti l'intento di ricevere la pienezza dello Spirito Santo nella Cresima che lo renderà ancor più pronto a partecipare a pieno titolo alla Mensa eucaristica.
Le catechiste non chiedono alla Comunità nient'altro che amore e preghiera per il delicato compito che è stato loro richiesto e sono certe che non mancherà il sostegno di tutti nella dura sfida educativa e di fede che la crescita dei nostri "piccoli" richiede.

ULTIMO DELL’ANNO CON GLI ULTIMI
un’esperienza insolita vissuta al capodanno scorso

”Alberto, nostro figlio, coinvolto in un grave incidente stradale cessò di vivere un sabato sera: aveva diciotto anni. Era l’anno 1992. E’ un dramma crudele quello che ci ha coinvolti come famiglia. La disperazione ha bussato alla porta del nostro cuore, ci siamo trovati in grave stato di confusione e di smarrimento per il grande vuoto che si era creato nella nostra vita.
La fede cristiana ci ha dato la forza per poter reagire e continuare il nostro cammino. Una fede continuamente provata, ma forte abbastanza per trionfare sulle prove, e che ci ha aperto alla convinzione che la disgrazia che ci ha colpiti portasse in sé anche una vocazione a prenderci cura a nostra volta, come potevamo, delle persone sofferenti.”
Così si presentano Romano e Mariarosa, che dal 1993 cominciano a dedicarsi all’aiuto dei più bisognosi per poi iniziare l’avventura del CAMPER EMERGENZA.
Ma che cos’é? Lo chiedo alla nostra parrocchiana, Cristina, conosciuta da molti come “maestra Cristina”, che l’anno scorso ha deciso di trascorrere in maniera più originale e senz’altro creativa l’ultimo dell’anno, la notte di s.Silvestro.

“Ho potuto conoscere l’esperienza di CAMPER EMERGENZA l’anno scorso. Si tratta di una realtà di volontari che si dedicano all’assistenza dei senza dimora o dei poveri che vivono sulla strada: col camper girano per le strade cittadine offrendo una bevanda od un pasto caldo, e non solo: c’è spazio per il dialogo, per distribuire indumenti, la necessaria assistenza medica e un valido supporto psicologico. Inoltre da qualche anno viene organizzata una festa di Capodanno in strada allestendo un tendone là dove solitamente il camper per tutto l’inverno staziona per soccorrere nelle ore serali e notturne i più poveri della nostra città in fondo a via Leonardo da Vinci (nelle vicinanze di via Marsala, ndr)
Viene celebrata la s.messa di ringraziamento e l’anno scorso è stato invitato il vescovo per la benedizione.”
E tu come mai eri lì?
“Ho saputo dell’iniziativa da una mia amica che presso la Diocesi coordina le realtà ecclesiali presenti sul territorio. Il vescovo aveva invitato i movimenti ecclesiali bresciani ad animare la s.messa per rendere il momento il più bello possibile. Mi sarebbe piaciuto coinvolgermi in quest’avventura, poter offrire il mio canto nel coro, ma questa era una scelta da fare con la famiglia e quindi provai a pianificarla insieme.
Come ti sei organizzata?
Il tutto è riuscito in maniera inaspettata e molto bella. Con altre mamme del coro ci siamo messe d’accordo nel riunire tutti i figli a casa mia. Poi col prezioso aiuto di mio marito Luca e di un altro papà i bimbi hanno preparato dei biscotti per portarli la sera stessa alla comunità Ebron per un momento di gioiosa condivisione. La cosa è riuscita molto bene: ho partecipato al coro per la messa di ringraziamento, ho potuto ascoltare le parole del nostro vescovo che ha affrontato il tema delle Beatitudini. Alla messa poi è seguito un momento di convivilità animato dai volontari di CamperEmergenza, gli alpini e dai ragazzi del GEN di Brescia in attesa della mezzanotte. Io però pensavo alla mia famiglia: con le mie amiche sono corsa a casa e lì ci siamo raccontati le reciproche esperienze vissute in quest’ultimo dell’anno davvero insolito.

a cura di Marek

NATALE IN STRADA

Iniziative come quella di "Natale in strada - bancarelle della solidarietà" sono occasioni in cui ogni anno si ritrovano, per stare fianco a fianco, molte associazioni di volontariato, con il semplice scopo di far emergere ciò che di buono e di sano c'è e opera nella società d'oggi.
Scendere in strada con la propria bancarella è il modo più "solare" di far partecipe tutto il quartiere di quanto si fa, di quanto si può fare e ... di quanto ci sia da fare!
La particolarità che caratterizza l'iniziativa che annualmente si svolge in via Riccardi e che rende il tutto speciale (per non dire unico) è il fatto che le bancarelle del volontariato sono affiancate da quelle delle realtà "ordinarie" del nostro quartiere: le mamme, le scuole, il GSO ... Questo, a mio parere rende l'atmosfera più familiare che mai, quasi "incarnando" la realtà del volontariato nel vissuto quotidiano.
Le famiglie che si intrattengono nell'ammirare le idee-regalo artigianali, che sorridono del banco dei giochi "riciclati", che trovano un libro interessante ... respirano un'aria natalizia particolare che fa bene ai bambini (e non solo a loro!). Un'aria non fatta di voglia di shopping, non satura di "magia del Natale" (come se il Natale fosse una polverina fatata che rende tutto irreale!). A guardare bene, le bancarelle di Natale in strada parlano di "vera magia": quella resa concreta dall'impegno e dalla solidarietà di persone semplici e speciali.
La giornata delle Bancarelle della solidarietà mi ha fatto riflettere anche sul progetto di coordinamento della solidarietà, che prenderà vita in città dal prossimo mese di gennaio. Questo progetto si propone l'obiettivo di instaurare una rete di collaborazione tra le associazioni di volontariato presenti sul territorio. La finalità è quella di fare emergere le reali situazioni di bisogno e dare risposte più corrette alle esigenze diffuse nella città. L'iniziativa è di particolare interesse e speriamo di poter riprendere a parlarne nei prossimi mesi, grazie anche alla partecipazione al progetto di tante persone della nostra Comunità.
Mi permetto di proporre un'ultima riflessione, relativa al ruolo che la Comunità Hebron ricopre in quartiere. Mi sembra che funga quasi da polo di attrazione delle "energie positive". Chi si avvicina a questa realtà, spesso lo fa con lo slancio di voler dare un aiuto, offrendo un proprio piccolo contributo per collaborare a far stare meglio le persone che lì vivono. In verità, pensandoci bene, credo che poi ci si renda presto conto che è molto più quello che si riceve rispetto a quanto veramente si può dare. La testimonianza data dall'esempio di chi vi opera, il clima che si respira varcata la soglia del giardino di via Riccardi, quel misto di fragilità e profonda forza interiore che si può toccare con mano ... tutto mi sembra messo lì a disposizione di chi vuole attingere ispirazione per iniziative di amore concreto. Credo si possa usare - per la nostra parrocchia - un paragone anatomico: se il cuore dell'amore è certamente la chiesa e l'oratorio, la Comunità Hebron può essere una importante ghiandola che - silenziosamente - secerne ormoni fondamentali per la nostra crescita.

Carmine

IL GRAZIE DELLA COMUNITÀ HEBRON

Rubo un po’ di spazio alla Bussola e del tempo a tutti voi per esprimere il mio grazie personale e della comunità per la partecipazione alla festa “Natale in strada 2010”.
Colgo l’occasione per esprimere alcuni pensieri che nascono dal cuore. E' stata davvero una bella festa ... semplice, organizzata con gioia, fatica, magari rubando del tempo alla famiglia, ad altri impegni, ma con il desiderio di stare insieme, di condividere, di donare agli altri, piccoli e grandi occasioni di incontro, di divertimento semplice, di riscoperta di abilità nascoste, di idee un po’ assopite nel tempo: è stata un’occasione per sperimentare un’amicizia.
Sì, quest’anno con le persone, tante, che si sono impegnate nell’organizzare, nel ”piantare” gli stand, abbiamo sperimentato un’amicizia, che è nata e si alimenta dentro una comunità (parrocchiale), che è fatta di piccole cose, di gesti quotidiani, che desidera crescere, maturare e aprirsi agli altri per condividere una fede, un’attenzione ai bisogni degli altri, un servizio.
Una festa che è diventata un avvenimento, un appuntamento …
Grazie, allora, a chi ha lavorato, a chi ha partecipato, alle associazioni, tante quest’anno, che hanno reso ancora più bella e importante questa nostra festa.
Grazie alla scuola primaria che, attraverso la maestra Cristina e il maestro Enzo, ha coinvolto i bambini, alla Scuola dell’infanzia Tadini e al nido Girasole che hanno coinvolto i piccoli, ma anche le maestre e i genitori nel partecipare alla festa ... Grazie agli Zampognari che hanno portato un po’ di atmosfera natalizia … Grazie all’Associazione pensionati che ha offerto, castagne e vin-brulè, a Don Gianmario che ha dato la disponibilità di usare tavoli e il necessario presente in oratorio … Grazie alla Circoscrizione Nord che ha dato un contributo e il Patrocinio … Grazie all’<Ospedale dei pupazzi>, ormai un appuntamento fisso e atteso dai nostri bambini ...
Grazie a tutti allora, e un arrivederci ... non al prossimo Natale, ma a domani ... sulle strade del nostro quartiere: si respiri e si viva sempre il clima di amicizia sperimentato alla festa.
Santo Natale a tutti
e per il 2011

Auguri a chi ama dormire ma si sveglia sempre di buon umore,
a chi saluta ancora con un bacio,
a chi lavora molto e si diverte di più,
a chi arriva in ritardo ma non cerca scuse,
a chi si alza presto per aiutare un amico,
a chi ha l'entusiasmo di un bimbo e i
pensieri di un uomo,
a chi spegne la televisione per fare due chiacchiere,
a chi vede nero solo quando è buio,
a chi non aspetta il nuovo anno per essere migliore!


Comunità Hebron

GSO CASAZZA
Un primo bilancio

Per noi del Gruppo Sportivo l'arrivo del Natale è il momento del "giro di boa": vengono interrotte le attività agonistiche per la pausa invernale ed è tempo di stilare un primo bilancio della stagione in corso.
Prima di parlare delle nostre squadre, sentiamo di tributare il nostro caloroso "grazie" a quanti hanno reso il giorno del "Natale degli sportivi" (sabato 11 dicembre) un bellissimo evento. Il ringraziamento va equamente ripartito tra fuochisti, "spiedisti", amici ed amiche della Cucina, il don e tutti gli atleti e loro familiari che, partecipando alla Messa e alla cena, hanno reso possibile uno splendido momento di familiarità.
Per quanto riguarda i nostri ragazzi che sui campi della Provincia tengono alti i colori del GSO Casazza, vorremmo soffermare l’attenzione su due rappresentative che hanno molto in comune: sia per come hanno iniziato la loro avventura quest'anno, sia per come stanno affrontando i rispettivi impegni.

Allievi e under 14 rappresentano una vera e propria scommessa che ragazzi e dirigenti insieme stanno portando avanti nel migliore dei modi.
Quando a settembre è stato proposto di allestire una squadra di 13/15enni sembrava un'impresa disperata. Ma, prima alla spicciolata, poi in gran numero, il passaparola ha fatto ritrovare in campo una ventina di ragazzi, molti dei quali neanche si conoscevano, uniti dalla passione per il pallone e con una gran voglia di diventare squadra.

UNDER 14

In questo campionato noi siamo i più piccoli (del nostro girone), ma nonostante questo siamo quinti e non ci arrendiamo, anche perché sappiamo che con una squadra unita ce la si può fare.
Inoltre, grazie al nostro allenatore, riusciamo a fare veramente squadra e a fare gioco fra noi. Negli allenamenti diamo il massimo per poter giocare al meglio la partita. Il nostro allenatore ci ha insegnato che l'importante non è vincere, ma partecipare dando del nostro meglio, permettendo così a tutti di giocare.
Ognuno di noi è fiero di essere giocatore di questa squadra.
E infine …
Grazie Pacio!

Giorgia

Anche il gruppo degli under 14 non ha avuto un inizio facile. Sembrava fossero pochi per affrontare un campionato, poi di colpo un'ondata di ragazzini tra i 9 e i 12 anni si è messa a disposizione di mister Pacini che, con l'aiuto di Sergio e di alcuni volenterosi genitori, ha costituito una ben affiatata comitiva.
Entrambe le squadre si trovano - nei rispettivi campionati - ad incontrare avversari spesso di età e prestanza fisica ben superiore, ma non si sono mai demoralizzate per i parziali insuccessi, costruendo - giornata dopo giornata - bei gruppi che dalle difficoltà e dalle sfide impossibili traggono forza per tirar fuori le qualità migliori.
Tanto impegno ci hanno messo per gli allievi Mirco e Marino che, nonostante il limitato tempo a disposizione, stanno portando avanti il progetto con tenacia e passione.
Anche i risultati tecnici sono apprezzabili, tanto che entrambe le squadre - nei rispettivi gironi - navigano nelle tranquille acque del centro classifica, avendo finora distribuito equamente i propri risultati tra vittorie pareggi e sconfitte.
Un grande in bocca al lupo ai protagonisti delle "storie" di queste due squadre che consentono ad una quarantina di pre-adolescenti e adolescenti di vivere all'ombra del campanile una bella esperienza di sport e di vita.
Buon Natale a tutti gli sportivi e a tutti coloro che sportivi non sono.

GSO CASAZZA

 

SAGRADA FAMILIA

“L’iniziativa della costruzione di questa chiesa si deve all’Associazione degli Amici di san Giuseppe, che vollero dedicarla alla Sacra Famiglia di Nazaret. Da sempre, il focolare formato da Gesù, Maria e Giuseppe è stato considerato una scuola di amore, preghiera e lavoro. I patrocinatori di questa chiesa volevano mostrare al mondo l’amore, il lavoro e il servizio vissuti davanti a Dio, così come li visse la Sacra Famiglia di Nazaret.”
(dall’omelia di Benedetto XVI per la consacrazione della “Sagrada Familia - 7 novembre 2010)
Antoni Gaudì, ideatore della “Sagrada Familia”, chiesa recentemente consacrata a Barcellona da Benedetto XVI , aveva in mente un principio fondamentale dal quale è scaturita una costruzione tra le più ardite della storia dell’architettura: il tempio di Dio rappresenta la Chiesa come la “Sacra Famiglia” della comunione dei santi. Per l’architetto catalano la struttura costruttiva diventa occasione per fare memoria delle figure che hanno sostenuto nei secoli la fede cristiana: ciascun pilastro è rappresenta la figura di una apostolo o di un santo, lo stesso per torri e pinnacoli ove la torre più alta rappresenta Cristo (non è ancora stata costruita).
Quest’anno la tradizionale festa di s.Stefano protomartire (cioé primo martire) coincide con la prima domenica del Tempo liturgico del Natale dedicata alla “Sacra Famiglia di Nazareth” e l’analogia fatta da Gaudì viene a sostenere questa congiuntura. Tantopiù che è l’anno dopo più di un secolo di lavoro in cui è stato consacrato l’altare maggiore della “sua” chiesa.
La Chiesa rappresenta ancora oggi un luogo vitale dove il concetto di famiglia può trovare ancora un valore positivo. Nella comunità ecclesiale la famiglia è intesa come luogo educativo di crescita nella fede e rimane tale laddove esistono esempi vivi di testimonianza alla Verità e all’Amore di Dio Padre. La sfida di Gaudì come uomo di fede è la chiesa può crescere nella memoria dei santi testimoni del Vangelo considerate pietre vive, che ancora oggi possono entrare in comunione con la nostra vita.
Antoni Gaudì, come architetto, pensava ai suoi “santi”, come pilastri e li figurava come alberi, che si ramificano verso l’alto provocando una vertiginosa visione nel visitatore che oggi finalmente può entrare nella navata principale. Sono alberi che attraverso i loro rami portano frutti di luce che sono rappresentati da multiformi aperture sul tetto: la simbologia richiama alla missione della chiesa nel mondo: portare frutto.
Come costruttore Gaudì applica dei principi che producono molteplici“frutti”: La struttura formata da “alberi” gli ha permesso di rendere ancora più audace e leggera l’intera costruzione. Pur paragonato da molti storici come un nuovo costruttore di cattedrali gotiche con i suoi criteri costruttivi riuscì ad disfarsi dell’invenzione gotica dell’“arco rampante”, ingombrante e inutile struttura: come se la struttura avesse delle stampelle, ironizzava.
Tuttavia quello che soprende è la simbologia alla quale ricorre Gaudì per “organizzare” spazi ed elementi costruttivi e decorativi.
L’edificio è pensato come un organismo vivente con una struttura raramente realizzata con la pietra (Gaudì preferiva il mattone che simboleggiava il lavoro dell’uomo e la sua terra) che vuole vedere ricoperta da un rivestimento,una “pelle”, costituita da maiolica, ceramica o più semplicemente pittura, colorata vivacemente. “L’architettura deve rappresentare la natura e quindi utilizzare la sua varietà di colori”.
Nel progetto la chiesa è sormontata da ben 18 torri: 4 per gli evangelisti, 12 per gli apostoli, una per la Madonna e la più alta dedicata a Gesù. Gaudì immagina delle torri altissime ma tali da non superare l’altezza del colle di Montjuic(di solo un metro) “per non sfidare Dio”( successivamente sono state ridotte ad un terzo dell’altezza originaria!). Le tre grandi facciate hanno per tema: la Natività, La Passione, la Gloria. Di quelle previste sono state realizzate le due del transetto. Recentemente è stata completata la facciata ad Ovest, quella della “Passione”,opera di uno scultore giapponese Etsuro Sotoo che è all’opera dal 1978.
Ad est la facciata della “Natività” realizzata sotto la direzione di Gaudì.
La facciata principale (della “Gloria”) è in fase di studio.
I tempi di realizzazione di questo “colosso” sono molti lenti e affidati ad un team di tecnici e progettisti che dovono fare i conti col fatto che una parte importante dei progetti è stata distrutta da un incendio.
Tuttavia il procedere lento della costruzione è diventato per Barcellona e per l’intera Spagna una “timida espressione di fede” che si scontra col progresso culturale e tecnico che sta disgregando la società spagnola. E’ significativo che all’inizio nel nuovo millennio, dopo più di un secolo dall’inizio dei lavori, oggi, nonostante la consacrazione della chiesa del 7 novembre scorso da parte del Pontefice, si sia completato il 60% del progetto iniziale: l’opera di “santificazione” della chiesa è ancora in atto. “Sarà s.Giuseppe a finirla!” ribatteva l’architetto quando gli chiedevano quando sarebbero finiti i lavori. Benedetto XVI nella sua omelia di consacrazione ha ricordato questa frase con compiacimento visto e considerato che il suo nome di battesimo è “Joseph” (Giuseppe).
Il cantiere comincia esattamente nel 1883 e il completamento delle opere previsto inizialmente dall’architetto in 10 anni è stimato per il 2040-2050: certo sotto quest’aspetto è da ritenersi proprio un cantiere “medioevale” quando per completare una cattedrale si succedevano generazioni di architetti e potevano durare anche 200 anni come nel caso della cattedrale di Chartres.

Marek

IL PAPA CONSACRA LA CHIESA DELLA “SAGRADA FAMILIA”
Barcellona, domenica 7 novembre 2010
tratto dall'omelia della messa di consacrazione

“La gioia che provo nel poter presiedere questa celebrazione si è accresciuta quando ho saputo che questo edificio sacro, fin dalle sue origini, è strettamente legato alla figura di san Giuseppe. Mi ha commosso specialmente la sicurezza con la quale Gaudí, di fronte alle innumerevoli difficoltà che dovette affrontare, esclamava pieno di fiducia nella divina Provvidenza: “San Giuseppe completerà il tempio”. Per questo ora non è privo di significato il fatto che sia un Papa il cui nome di battesimo è Giuseppe a dedicarlo.
In questo ambiente, Gaudí volle unire l’ispirazione che gli veniva dai tre grandi libri dei quali si nutriva come uomo, come credente e come architetto: il libro della natura, il libro della Sacra Scrittura e il libro della Liturgia. Così unì la realtà del mondo e la storia della salvezza, come ci è narrata nella Bibbia e resa presente nella Liturgia. Introdusse dentro l’edificio sacro pietre, alberi e vita umana, affinché tutta la creazione convergesse nella lode divina, ma, allo stesso tempo, portò fuori i “retabli”, per porre davanti agli uomini il mistero di Dio rivelato nella nascita, passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo. In questo modo, collaborò in maniera geniale all’edificazione di una coscienza umana ancorata nel mondo, aperta a Dio, illuminata e santificata da Cristo.
E realizzò ciò che oggi è uno dei compiti più importanti: superare la scissione tra coscienza umana e coscienza cristiana, tra esistenza in questo mondo temporale e apertura alla vita eterna, tra la bellezza delle cose e Dio come Bellezza. Antoni Gaudí non realizzò tutto questo con parole, ma con pietre, linee, superfici e vertici. In realtà, la bellezza è la grande necessità dell’uomo; è la radice dalla quale sorgono il tronco della nostra pace e i frutti della nostra speranza. La bellezza è anche rivelatrice di Dio perché, come Lui, l’opera bella è pura gratuità, invita alla libertà e strappa dall’egoismo.
Abbiamo dedicato questo spazio sacro a Dio, che si è rivelato e donato a noi in Cristo per essere definitivamente Dio con gli uomini. La Parola rivelata, l’umanità di Cristo e la sua Chiesa sono le tre espressioni massime della sua manifestazione e del suo dono agli uomini. “Ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo” (1Cor 3, 10-11), dice san Paolo nella seconda lettura. Il Signore Gesù è la pietra che sostiene il peso del mondo, che mantiene la coesione della Chiesa e che raccoglie in ultima unità tutte le conquiste dell’umanità. In Lui abbiamo la Parola e la Presenza di Dio, e da Lui la Chiesa riceve la propria vita, la propria dottrina e la propria missione. La Chiesa non ha consistenza da se stessa; è chiamata ad essere segno e strumento di Cristo, in pura docilità alla sua autorità e in totale servizio al suo mandato. L’unico Cristo fonda l’unica Chiesa; Egli è la roccia sulla quale si fonda la nostra fede. Basati su questa fede, cerchiamo insieme di mostrare al mondo il volto di Dio, che è amore ed è l’unico che può rispondere all’anelito di pienezza dell’uomo. Questo è il grande compito, mostrare a tutti che Dio è Dio di pace e non di violenza, di libertà e non di costrizione, di concordia e non di discordia. In questo senso, credo che la dedicazione di questa chiesa della Sacra Famiglia, in un’epoca nella quale l’uomo pretende di edificare la sua vita alle spalle di Dio, come se non avesse più niente da dirgli, è un avvenimento di grande significato. Gaudí, con la sua opera, ci mostra che Dio è la vera misura dell’uomo, che il segreto della vera originalità consiste, come egli diceva, nel tornare all’origine che è Dio. Lui stesso, aprendo in questo modo il suo spirito a Dio, è stato capace di creare in questa città uno spazio di bellezza, di fede e di speranza, che conduce l’uomo all’incontro con colui che è la verità e la bellezza stessa. Così l’architetto esprimeva i suoi sentimenti: “Una chiesa [è] l’unica cosa degna di rappresentare il sentire di un popolo, poiché la religione è la cosa più elevata nell’uomo”.

NATIVITÀ

Il Natale, la “Natività” di Gesù, rappresenta il punto di avvio dell’anno liturgico, che nel rapido giro di pochi mesi, riassume il lungo percorso della salvezza, che ha la sua conclusione con la Pasqua: la morte e la resurrezione di Cristo, un percorso che nelle opere di arte sacra viene ripercorsa dagli artisti che vi si dedicano. Nei giorni scorsi, presso la sala della Bcc Agrobresciano di Via Triumplina è stata ospitata la mostra dei mosaici di Fioralba Nicosia Lippolis, quasi tutti dedicati a questo tema. L’artista, torinese, è stata ospite della nostra città nel luglio scorso con una sua vasta antologica intitolata “La società postindustriale e mediatica tra solitudine e speranza”: oltre settanta opere (pittura, scultura, mosaico) nella quale ha espresso tutta la sua forte critica, specialmente verso l’invadenza dei “media” che condizionano e “schiavizzano” l’uomo contemporaneo. La mostra di Fioralba Nicosia è poi “emigrata” in gran parte nella sua città natale Casale Monferrato, dove, però hanno trovato posto solo pochi mosaici, il cui nucleo principale è però rimasto a Brescia, ed è stato posto in mostra nella chiesa di Santa Maria della Rosa a Calvisano, e prima di ripartire, è stato posto in mostra alla Bcc. Nei soggetti sacri il suo spirito polemico verso la società contemporanea si attenua, o meglio sceglie un’altra strada rispetto alla pura denuncia dei mali contemporanei; attraverso la brillantezza cromatica delle tessere dei mosaici l’artista ripercorre tutta la via della salvezza: si apre con l’Annunciazione, prosegue con la Natività, (tema più volte ripetuto) si sofferma sulla vita pubblica di Gesù (Predicazione di Gesù, Moltiplicazione dei pani e dei pesci,) fino al percorso del calvario di Cristo ( Ultima Cena, Cristo deriso, Bacio di Giuda, Crocifissione e quindi alla Resurrezione). Costituisce fatto singolare di questi mosaici, che sono fatti tutti con materiale di “recupero”: cocci di bottiglia e di piatti, che sapientemente accostati, vanno a “costruire le scene con particolare intensità, quasi a significare la possibilità del riscatto anche dai “rifiuti” ai fini della salvezza; non si può non ricordare il passo del Vangelo:”la pietra scartata dai costruttori è diventato la pietra fondamentale”. E ricordare anche come la “povertà” della nascita, con Bambino rappresentato infreddolito e nudo sulla nuda terra, è una prefigurazione del cammino della Croce che rappresenta l’esito conclusivo del cammino della salvezza.

Alberto Zaina

FOGLIETTO della MESSA
Un gradito ritorno

Il Natale 2010 porterà in dono, per i fedeli della nostra parrocchia, il ritorno sui banchi della chiesa del foglietto contenente Letture e principali preghiere della S. Messa domenicale.
Avrà un formato decisamente diverso da quello a cui eravamo abituati … sarà a colori, in veste tipografica.
Questo “evento” ripropone anche a Casazza la questione sulla reale utilità di questo strumento, anche perché il farne a meno negli ultimi due mesi ha suscitato reazioni di senso opposto tra loro: i soliti argomenti “pro” e “contro”, che sommariamente riportiamo di seguito.
- Ho spesso sentito dire, partecipando a dei dibattiti sulla liturgia, che durante la Messa non si dovrebbe usare il foglietto per seguire le letture; piuttosto si dovrebbe ascoltare, guardando verso l'ambone in direzione del lettore che in quel momento sta proclamando la Parola di Dio. Il motivo sarebbe questo: siccome quando si leggono le letture della liturgia della Parola, è Dio che parla tramite il lettore di turno, non si dovrebbe stare con il capo chinato sul foglietto, perché questo sarebbe poco rispettoso verso "Dio che parla", quindi si dovrebbe stare a testa alta così come si sta di fronte a uno che ti sta parlando.
- La Parola di Dio presuppone l'ascolto nell'assemblea dei credenti, quindi occorre concentrarsi sulla sua proclamazione più che sulla lettura visuale e sulla meditazione (che sono atti individuali e solitari). Però, siccome i lettori talora borbottano, si mangiano le sillabe, sbagliano gli accenti, non sanno usare i microfoni, i fedeli hanno problemi di udito, fanno colpi di tosse ... Allora si ripiega sul foglietto...
- Il fedele che partecipa dovrebbe almeno imparare a prepararsi le letture prima della domenica (ci vogliono 5 minuti). Come se si va ad un appuntamento importante ci si prepara, così pure alla Messa.
- Bisognerebbe formare dei lettori con una buona istruzione liturgica, che preparino le Letture, che prestino il loro servizio con il desiderio di far capire quello che leggono, dando la giusta espressione, senza accelerazioni o leggendo come al TG. A tal riguardo è senza dubbio importantissimo che il lettore conosca la lettura da proclamare, già prima di salire all'ambone.
- Una volta che il foglietto è presente in chiesa, può essere buona abitudine prenderlo e, a fine messa (se è l'ultima del giorno!!), portarlo a casa perché nel retro ci sono articoli interessanti e soprattutto durante la settimana è possibile leggere e meditare le Letture, magari andandole a riprendere direttamente dalla Bibbia.

Quindi W il foglietto! O no?

PRESEPE 2010

Per la nostra Parrocchia, il presepe in chiesa è sempre stato un elemento forte di espressione di fede, di particolare pregio artistico, fonte di riflessione e approfondimenti per il messaggio che, nella semplicità, ha sempre manifestato.
Le vicende degli ultimi anni hanno un po’ sguarnito il gruppo che tradizionalmente si è occupato di realizzare questo esempio di catechesi popolare. Tuttavia, la disponibilità di alcuni “baldi esponenti” fra i più esperti negli allestimenti del teatro e di chi ha voluto dare una mano ha permesso di portare avanti – nel solco della tradizione di Casazza – un ottimo allestimento, rifacendosi ad un presepe di qualche anno fa, opera del compianto Gabusi.
Grazie a chi si è impegnato quest’anno e un augurio a tutti di meditare nei presepi il mistero dell’incarnazione di Dio nella storia del mondo e nel vissuto quotidiano di ogni uomo.

LIBERTÀ RELIGIOSA VIA PER LA PACE

All’inizio di un Nuovo Anno il mio augurio vuole giungere a tutti e a ciascuno; è un augurio di serenità e diprosperità, ma è soprattutto un augurio di pace. Anche l’anno che chiude le porte è stato segnato, purtroppo, dalla persecuzione, dalla discriminazione, da terribili atti di violenza e di intolleranza religiosa.
Il mio pensiero si rivolge in particolare alla cara terra dell'Iraq, che nel suo cammino verso l’auspicata stabilità e riconciliazione continua ad essere scenario di violenze e attentati. Vengono alla memoria le recenti sofferenze della comunità cristiana, e, in modo speciale, il vile attacco contro la Cattedrale siro-cattolica “Nostra Signora del Perpetuo Soccorso” a Baghdad, dove, il 31 ottobre scorso, sono stati uccisi due sacerdoti e più di cinquanta fedeli, mentre erano riuniti per la celebrazione della Santa Messa. Ad esso hanno fatto seguito, nei giorni successivi, altri attacchi, anche a case private, suscitando paura nella comunità cristiana ed il desiderio, da parte di molti dei suoi membri, di emigrare alla ricerca di migliori condizioni di vita. A loro manifesto la mia vicinanza e quella di tutta la Chiesa, sentimento che ha visto una concreta espressione nella recente Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Da tale Assise è giunto un incoraggiamento alle comunità cattoliche in Iraq e in tutto il Medio Oriente a vivere la comunione e a continuare ad offrire una coraggiosa testimonianza di fede in quelle terre.
Ringrazio vivamente i Governi che si adoperano per alleviare le sofferenze di questi fratelli in umanità e invito i Cattolici a pregare per i loro fratelli nella fede che soffrono violenze e intolleranze e ad essere solidali con loro. In tale contesto, ho sentito particolarmente viva l’opportunità di condividere con tutti voi alcune riflessioni sulla libertà religiosa, via per la pace. Infatti, risulta doloroso constatare che in alcune regioni del mondo non è possibile professare ed esprimere liberamente la propria religione, se non a rischio della vita e della libertà personale. In altre regioni vi sono forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti e i simboli religiosi. I cristiani sono attualmente il gruppo religioso che soffre il maggior numero di persecuzioni a motivo della propria fede. Tanti subiscono quotidianamente offese e vivono spesso nella paura a causa della loro ricerca della verità, della loro fede in Gesù Cristo e del loro sincero appello perché sia riconosciuta la libertà religiosa. Tutto ciò non può essere accettato, perché costituisce un’offesa a Dio e alla dignità umana; inoltre, è una minaccia alla sicurezza e alla pace e impedisce la realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale.
Nella libertà religiosa, infatti, trova espressione la specificità della persona umana, che per essa può ordinare la propria vita personale e sociale a Dio, alla cui luce si comprendono pienamente l’identità, il senso e il fine della persona. Negare o limitare in maniera arbitraria tale libertà significa coltivare una visione riduttiva della persona umana; oscurare il ruolo pubblico della religione significa generare una società ingiusta, poiché non proporzionata alla vera natura della persona umana; ciò significa rendere impossibile l’affermazione di una pace autentica e duratura di tutta la famiglia umana.
Esorto, dunque, gli uomini e le donne di buona volontà a rinnovare l’impegno per la costruzione di un mondo dove tutti siano liberi di professare la propria religione o la propria fede, e di vivere il proprio amore per Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente (cfr Mt 22,37). Questo è il sentimento che ispira e guida il Messaggio per la XLIV Giornata Mondiale della Pace, dedicato al tema: Libertà religiosa, via per la pace.


I TEMI TRATTATI NEL MESSAGGIO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

- Sacro diritto alla vita e ad una vita spirituale
- Libertà religiosa e rispetto reciproco
- La famiglia, scuola di libertà e di pace
- Un patrimonio comune
- La dimensione pubblica della religione
- Libertà religiosa, forza di libertà e di civiltà: i pericoli della sua strumentalizzazione
-Una questione di giustizia e di civiltà: il fondamentalismo e l’ostilità contro i credenti pregiudicano la laicità positiva degli Stati
- Dialogo tra istituzioni civili e religiose
- Vivere nell’amore e nella verità
- Dialogo come ricerca in comune
- Verità morale nella politica
e nella diplomazia
- Oltre l’odio e il pregiudizio
- Libertà religiosa nel mondo
- Libertà religiosa, via per la pace

Il Messaggio completo del Santo Padre lo trovate qui

DARE VOCE AL CORPO

Il "Gruppo Teatrale del Cicaleccio" e "Idearion Gruppo Teatro" si incontrano sulle tavole del palcoscenico per mostrare al pubblico la loro rilettura dell'Amleto. Perchè L'Amleto? Perche' e' un testo altissimo della letteratura mondiale e rappresenta il grande Teatro. Ci siamo così concentrati su alcuni personaggi. In uno sforzo creativo che ha inteso realizzare concretamente l'incontro tra il personaggio e l'attore. Il nostro lavoro e' consistito nello sviluppo della capacità di dare corpo e voce alle storie di altri. Con questa consapevolezza abbiamo scoperto quanto Amleto ci sia fratello Amleto con i sui dubbi ci ha offerto la possibilità di riflettere sul senso della nostra esistenza di uomini. "Essere o non essere".. parole e immagini si susseguono e si rincorrono da Shakespeare a noi, in un gioco che tende a non finire ed ad assumere sfumature di senso e di colore continuamente mutevoli.