La Bussola - Casazza
IL MESE DI MAGGIO CON MARIA DI NAZARETH

indice degli articoli:
"Carissimi": il messaggio del parroco
Dalla fine l'inizio
Unità pastorali
Ma sia una regina
L'Ave Maria
Grest 2013
Il punto sui lavori
Noli me tangere
Lettera ad un amico
Celebrazione SS. Cresime e Prime Comunioni
La preghiera delle cinque dita
Angeli in chiesa
GSO:il punto sportivo

Carissimi,

Che belle le parole di Elisabetta, alla cugina: “Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!” (Lc 1,42). Se il figlio della Vergine è benedetto, come potrebbe non esserlo anche lei? Il fondamento di tutti i suoi privilegi è la maternità divina. Profondamente coinvolta nell’incarnazione redentrice del figlio di Dio, Maria non può non partecipare allo stesso modo alla sua risurrezione.
Ma la sua vera grandezza consiste nella fede, che la fece “concepire nel cuore prima ancora che nel proprio grembo” (S. Agostino). “Beata colei che ha creduto…”. La Vergine ha accolta l’annuncio dell'’angelo Gabriele, ma soprattutto l’avventura che esso apriva nella sua vita. Perché una vocazione è sempre una scoperta. L’atto di fede che le era stato chiesto a Nazareth, Maria ha dovuto rinnovarlo, allargarlo e approfondirlo sempre più, andando fino in fondo, fino alla croce, dove Gesù le ha chiesto di accogliere Giovanni come un altro figlio.
Soltanto allora Maria ha potuto veramente cantare il Magnificat che Luca mette sulle sue labbra il giorno della visitazione. Elisabetta guarda con ammirazione Maria, e Maria contempla con stupore Dio che si china sulla sua umile serva e stende la sua misericordia, di generazione in generazione, su coloro che hanno maggiormente bisogno di salvezza. In definitiva, la spiegazione ultima su Maria di Nazareth è l’amore di Dio, che solo può fare simili cose.
Tutta la sua vita non fu che una lunga fedeltà a una vocazione iniziata in modo così meraviglioso: “Ti saluto, o piena di grazia!”. E’ già una gioiosa notizia pre ilmondo intero l’ottimistica certezza che, nell’universo della salvezza, “la mano di Dio non ha cessato il suo movimento che scrive con noi sull’eternità con linee brevi o lunghe” (Claudel)
A tutti il mio saluto e l’augurio di ogni bene.

il vostro parroco,
Don GianMario

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DALLA FINE L'INIZIO
La Via Crucis... l'amore di Dio per ogni uomo

Venerdì Santo 29 Marzo 2013
Anche quest’anno “noi” ragazzi del gruppo di “terza media” abbiamo ricevuto l’incarico di preparare la Via Crucis del Venerdì Santo in chiesa. Ci siamo ritrovati in oratorio alle sei del pomeriggio per ultimare, organizzare e “allestire” l’animazione della Via Crucis, portando con noi una cenetta al sacco “povera”: chi un panino con il formaggio o un panino con il tonno; chi un trancio di pizza margherita; chi i semi di zucca; chi taralli e carote.

Dedicato “qualche” minuto a riflettere sul significato di quel Gesto; suddivise e provate le “parti”; confrontati nella preparazione delle slide da proiettare per scandire le singole stazioni, ci siamo fiondati in chiesa pronti a vivere anche questa avventura.

Un’avventura di dodici stazioni durante le quali ci siamo soffermati su alcuni incontri tra Gesù e gli uomini e le donne che si sono affacciati sulla via della croce. Su quella via, anche se ferito, stanco, ha insegnato e donato ancora qualcosa che ha trasformato la vita di ogni uomo: ci ha fatto sperimentare l’Amore di Dio.

La nostra vita è un’interminabile sequenza di incontri. Incontri con altre persone che hanno avuto il pregio di cambiare la nostra esistenza, incontri determinanti che hanno lasciato un segno indelebile … e la Via Crucis è la via che Gesù ha percorso per incontrarci sul serio.

E così, anche se il Venerdì Santo è un giorno buio, carico di violenza; in cui tutto sembra finito, in cui il mondo sembra essersi svuotato di tutta la sua speranza, diventa il giorno in cui viene ricordata la più grande storia d’amore di Dio per l’uomo.

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio Unigenito,
perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16).
Quel “dare” significa consegnato alla morte, perché nella morte si sveli il Suo amore per il mondo.
Nell’ora della passione del Suo figlio Gesù, questo Amore si è manifestato in tutta la sua forza.

“Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi” . (1 Gv 3,16)


Passione”, infatti, vuol dire amore appassionato, che nel donarsi non fa calcoli e del quale la croce ne è l'“unità di misura”.
La Croce, che sembra innalzarsi da terra, in realtà pende dal cielo come un abbraccio che stringe tutto l’universo. Tutto si compie in quell’Amore che non si è tirato indietro di fronte a nulla: le braccia di Gesù distese sul legno della croce, immobili, hanno potuto e possono abbracciare tutti.

Dalla fine..l’inizio. Non è tutto finito: Gesù è il seme che scompare tra i solchi della terra per portare frutto; con il suo “andarsene” ha dato il via ad una nuova vita.
Nel suo fare Gesù ci ha insegnato che vivere non è semplicemente “non morire”, ma è realizzare il disegno d’amore di Dio, che comprende il mistero della croce.
E così, grazie all’entusiasmo e all’impegno di questi ragazzi, che sempre accolgono ogni proposta dando il massimo per la sua riuscita e mettendo a disposizione ognuno il meglio di sé; grazie al sostegno di Ale “frate”; alla voce e alla vicinanza delle mamme e dei papà del nostro gruppo anche questa avventura è stata realizzata!

Antonella

"...Penso che la via crucis sia stata per il nostro gruppo un momento di incontro dove ci siamo divertiti e in più abbiamo potuto seguire il "VIAGGIO" che Gesù ha fatto per arrivare alla croce e sacrificarsi per noi... "
Andrea Zapp

"L'organizzazione è stata perfetta. Siamo riusciti (secondo me) a trasmettere ad adulti e ragazzi, in modo semplice e chiaro, il dolore che ha provato Gesù nel suo percorso verso e sopra la croce".
Alessandro B.

"La Via Crucis è stata molto comunicativa e, sebbene il poco tempo a disposizione, ben organizzata. La fatica delle ore precedenti ha dato i suoi frutti".
Andry B.

"Per me la serata della Via Crucis è stata molto bella perché oltre ad aver preparato la celebrazione collaborando tra di noi siamo stati tutti insieme divertendoci".
Reby

"A mio parere, quest'anno, secondo consecutivo in cui io e il mio gruppo animiamo la Via Crucis del Venerdì Santo, tutti, io in prima persona, abbiamo riscoperto il vero significato di questo atto penitenziale: LA CROCE. Credo infatti che, con il passare degli anni e anche a causa della forza dell'abitudine, ci siamo dimenticati che il centro di tutta la nostra identità cristiana sia la morte e resurrezione di Cristo per la nostra Salvezza. Invece con questa nuova e originale presentazione della Via Crucis, incentrata proprio sulla CROCE e organizzata ottimamente dalla nostra catechista, penso proprio che siamo ritornati all'origine e al vero significato della Via Crucis. Dal punto di vista dell'esperienza personale, sicuramente ho vissuto una serata fantastica insieme al mio gruppo, piena di lavoro e divertimenti. Penso infine che l'immagine principale che mi rimarrà in mente sarà quella di una signora, che al termine dell'atto penitenziale è venuta a chiedere una copia del libretto della Via Crucis, evento che ha gratificato in modo perfetto, a mio parere, il lavoro dei miei compagni e, in primo luogo, della mia catechista".
Giulio

"È sempre un’esperienza coinvolgente lavorare con il mio gruppo di catechismo.
Mi ha toccato il fatto che durante l’organizzazione della Via Crucis c’era un forte clima di disponibilità: per esempio tutti dovevamo leggere almeno un trafiletto durante la celebrazione e, nonostante per qualcuno fosse difficile, abbiamo superato la fase di imbarazzo accettando con entusiasmo. Nel preparare le slide da proiettare tutti collaboravamo per scegliere i colori e per decidere cosa scrivere. Riflettere sui testi che illustravano le stazioni ci ha permesso di vivere intensamente il Venerdì Santo: mi è parso di camminare accanto a Gesù durante la sua salita al Calvario e di capire, attraverso i suoi gesti e le parole scambiate con i testimoni di quei momenti, il suo dolore e il suo Amore infinito per noi.
“Padre nelle tue mani consegno il mio spirito”: quando proprio a me è toccato leggere queste parole ho capito che Gesù voleva dirmi qualcosa. Questo Suo totale abbandono mi insegna che nei momenti di maggiore sconforto o di fronte ai dolori inspiegabili della vita anch’io posso affidarmi al Padre certa che Lui mi ama e può trasformare ogni morte in Resurrezione".
Sofy

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UNITÀ PASTORALI : le parrocchie? Non scompaiono, ma agiscono in comunione

A quattro mesi di distanza dalla sua conclusione, il Sinodo Diocesano sulle Unità Pastorali è tornato al centro dell’attenzione.
Nel corso della Messa Crismale del Giovedì Santo, il documento conclusivo del Sinodo, sul quale ora vi è anche l'imprimatur del Vescovo Monari, è stato consegnato ai presbiteri e, tramite loro, all'intera Diocesi.
Da qui in avanti, dunque, le parrocchie, pur rimanendo l'asse portante della presenza ecclesiale, diventano elementi di base per le «Unità Pastorali».
Vale a dire: non più parrocchie che da sole camminano e cercano di sopravvivere sfidando i limiti delle umane possibilità, ma parrocchie che fanno comunità, che progettano azioni pastorali da vivere insieme, che mettono in comune fatiche, dolori, sorrisi, successi e speranze, che dimostrano il valore della carità e della misericordia, per dare «forza e speranza» agli uomini e alle donne del nostro tempo.
Le Unità Pastorali iniziano il loro cammino nello spirito proposto dal vescovo anche nell'introduzione al Documento finale del Sinodo: vivere la fratellanza, condividere tutto, aiutarsi a vicenda «con misericordia e dolcezza».
Tutto il Documento (che è possibile anche scaricare dal sito della Diocesi) offre innumerevoli spunti di riflessione che riguardano non solo le unità pastorali, ma il senso stesso del vivere la Comunità.
L'invito per tutti è di leggerlo, ma ne proponiamo alcuni stralci.
"Le Unità Pastorali hanno un senso se siamo convinti che il lavoro Pastorale sia utile, anzi necessario.
C'è sempre dietro a tante azioni, la minaccia di un interrogativo inquietante: Chi me lo fa fare? A che cosa serve?
Per resistere alla forza distruttiva di questo interrogativo bisogna collocare l'azione pastorale dentro al grande disegno di Dio sull'uomo: è il disegno della comunione che noi facciamo nostro come scopo delle nostre attività pastorali. (…)
Questo è il nostro desiderio; questo il progetto: per la comunione tra gli uomini, per la "cristificazione" del mondo, (…) lavoriamo in vista di questo.
Le cose che facciamo sono piccole, ma il progetto è grande.
Facciamo catechismo a un piccolo gruppo di ragazzi; ma mettiamo in loro la nostalgia di un'esistenza umana degna, un germe fecondo di verità e di amore: cosa potrebbe esserci di più importante?
Celebriamo un'Eucaristia per cento persone, ma mettiamo in moto un dinamismo di comunione che fa di queste perone un'unica comunità e che apre questa comunità a incontrare il mondo intero nell'amore di Cristo".
"Vista l'eterogeneità della Diocesi non è opportuno adottare ed applicare sempre e ovunque un modello esclusivo di Unità Pastorale.
Tuttavia è necessario fissare alcuni elementi essenziali che definiscano l'identità stessa di una Unità Pastorale:
- la nomina da parte del Vescovo di un presbitero coordinatore responsabile dell''Unità Pastorale,
- la costituzione di un consiglio dell'Unità Pastorale,
- la progettazione pastorale comune,
- un Regolamento, sulla base di un modello diocesano, da adattare alle specifiche esigenze delle singole Unità Pastorali".

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MA CHE SIA UNA REGINA

tratto da "C'è qualcuno lassù" di Bruno Ferrero

C'era una volta, tanti secoli fa, una città famosa. Sorgeva in una prospera vallata e, siccome i suoi abitanti erano decisi e laboriosi, in poco tempo crebbe enormemente.
I pellegrini la vedevano da lontano e rimanevano ammirati e abbagliati dallo splendore dei suoi marmi e dei suoi bronzi dorati. Era insomma una città felice nella quale tutti vivevano in pace.
Ma un brutto giorno, i suoi abitanti decisero di eleggere un re.
Le trombe d'oro degli araldi li riunirono tutti davanti al Municipio. Non mancava nessuno. Poveri e ricchi, giovani e vecchi si guardavano in faccia e parlottavano a bassa voce.
Lo squillo argentino di una tromba impose il silenzio a tutta l'assemblea. Si fece avanti allora un tipo basso e grasso, vestito superbamente. Era l'uomo più ricco della città.
Alzò la mano carica di anelli scintillanti e proclamò: "Cittadini! Noi siamo già immensamente ricchi. Non ci manca il denaro. Il nostro re deve essere un uomo nobile, un conte, un marchese, un principe, perché tutti lo rispettino per il suo alto lignaggio".
"No! Vattene! Fatelo tacere! Buuuu!". I meno ricchi della città cominciarono una gazzarra indescrivibile. "Vogliamo come re un uomo ricco e generoso che ponga rimedio ai nostri problemi!".
Nello stesso tempo, i soldati issarono sulle loro spalle un gigante muscoloso e gridarono, agitando minacciosamente le picche: "Questo sarà il nostro re! Il più forte!".
Nella confusione generale, nessuno capiva più niente.
Da tutte le parti scoppiavano grida, minacce, applausi, armi che s'incrociavano. I parapiglia si moltiplicavano e i contusi erano già decine.
Suonò di nuovo la tromba. Poco a poco, la moltitudine si acquietò. Un anziano, sereno e prudente, salì sul gradino più alto e disse: "Amici, non commettiamo la pazzia di batterci per un re che non esiste ancora. Chiamiamo un bambino innocente e sia lui ad eleggere un re tra di noi".
Presero per mano un bambino e lo condussero davanti a tutti.
L'anziano gli chiese: "Chi vuoi che sia il re di questa città così grande?".
Il bambinetto li guardò tutti, si succhiò il pollice e poi rispose: "I re sono brutti. Io non voglio un re. Voglio che sia una regina: una mamma".
Le mamme al governo. E' un'idea magnifica. Il mondo sarebbe certamente più pulito, si direbbero meno parolacce, tutti darebbero la mano ad uno più grande prima di attraversare la strada...
Dio l'ha pensata allo stesso modo. E ha fatto Maria.

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L'AVE MARIA

tratto da "Il Salterio di Gesù e di Maria, il Santissimo Rosario, libro IV" del Beato Alano della Rupe

Quando dico Ave Maria, il Cielo esulta, la terra si riempie di stupore.
Quando dico Ave Maria, Satana fugge, trema l'inferno.
Quando dico Ave Maria, il mondo perde valore, il cuore si strugge di Amore per Dio.
Quando dico Ave Maria, sparisce l'accidia, ogni istinto si placa
Quando dico Ave Maria, sparisce la tristezza, il cuore si riempie di gioia.
Quando dico Ave Maria, si accresce la devozione, inizia il pentimento dei peccati.
Quando dico Ave Maria, il cuore è colmo di speranza e di consolazione.
Quando dico Ave Maria, l'anima è forte e ricolma di Amor di Dio.

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GREST 2013


EVERYBODY.
Un corpo mi hai preparato

Anche per il 2013 il Grest che Federazione Oratori, insieme a tutte le diocesi lombarde, ha approntato, si preannuncia una combinazione affascinante di ingredienti di animazione e di formazione.
Il tempo dell'estate in oratorio può essere utile, gioioso e concreto.
«Everybody» è il titolo dell'edizione 2013 che racconterà del corpo come dono, come occasione di relazione, concreto terreno in cui si ha a che fare con gli altri.
Come lo scorso anno si era ragionato, pregato, giocato e cantato sulle parole e sulla Parola, sulle parole belle e brutte e sulla Parola di vita, così per il 2013 il tempo estivo sarà occasione per fare lo stesso percorso a partire dai gesti, dalla corporeità, dalla fisicità che tutti condividono.
Il sottotitolo ('un corpo mi hai preparato') conferma la preziosità del tema, citando la lettera agli Ebrei e riferendo il Grest addirittura all'atto creatore che nella fede i cristiani riconoscono segno della bontà e dell'amore di Dio.
Vengono proposti come di consueto ben quattro obiettivi che snocciolano il tema generale in altrettante attenzioni che valgono sia per i ragazzi che ed gli animatori, riconfermando che il Grest è appuntamento appassionate e complesso, per tutti.
Si inizierà a riflettere sul corpo come luogo di relazioni, e si passerà, poi, ad intenderlo come contenitore di identità, quindi come mezzo di comunicazione e, infine, come strumento per agire nella realtà.
Il logo ufficiale rappresenta una simpatica ripresentazione dell'uomo vitruviano, oggi riscritto da tre ragazzi.
Gli obiettivi del Grest 2013
1. Il corpo luogo della relazione
Non c’è niente come il colore, l’odore, il rumore di un amico!
Se è proprio necessario, se siamo distanti, possiamo tentare un rapporto via mail, o sms, o facebook… ma vuoi mettere la diretta!
Si vede subito dalla faccia, da come metti la bocca, dagli occhi e dal rossore… cosa pensi e cosa vuoi: non occorrono neanche le parole.
2. Il corpo contenitore dell’identità
Il mio corpo sono io. A volte non mi piace tanto come sono. A volte ho l’impressione di non piacere agli altri, così come sono. Devo riuscire, però, a stare bene dentro la mia pelle! Non posso sempre avere l’impressione di essere chiuso dentro i miei vestiti e nascosto dietro il mio trucco.
3. Il corpo come mezzo di comunicazione
Imparare a leggere i gesti è come imparare una lingua nuova. A volte non siamo capaci di capire i gesti degli altri. A volte emettiamo segnali (gesti) che gli altri non riescono a capire… È come parlare in una lingua straniera.
4. Il corpo come strumento per agire sulla realtà
Tra i piaceri più grandi vi è quello del produrre qualcosa, di usare le proprie mani, i propri piedi, la propria bocca per “creare” qualcosa.
Non si agisce sulla realtà solo pensando (neanche intensamente). Tra il dire e il fare c’è di mezzo… la fatica, il provarci e riprovarci.
Vogliamo ritrovare il gusto del fare, del costruire con le proprie mani, del faticare insieme…

Il nostro Grest 2013

La Federazione Oratori della Lombardia ha proposto il tema qualche settimana fa, ma la nostra Parrocchia si è attivata già dal mese di gennaio per prepararsi a vivere nel migliore dei modi la straordinaria esperienza del grest 2013.
Su mandato del Consiglio Pastorale Parrocchiale, un gruppo di persone di "buona volontà" ha prospettato un percorso da intraprendere insieme ai giovani per formare una vera e propria squadra. L'obiettivo prefissato è quello di vivere un'esperienza di condivisione sui valori che un grest porta con sé: dalla funzione di importante sostegno alle famiglie, al senso del donarsi nell'accudire i bambini e i ragazzi, al vivere la reciproca conoscenza nel gruppo…
Molti giovani si sono offerti per svolgere il delicato ruolo di animatori e hanno animato gli incontri di preparazione, iniziati nel mese di febbraio e proposti da quanti nella nostra Comunità hanno aderito all’invito di offrire la propria sensibilità ed esperienza, per riflettere insieme su alcuni aspetti della vita del grest.
Tanto impegno e tanta passione da parte di chi crede che in tre settimane estive qualcosa di importante, divertente e formativo può viversi, in condivisione con tutta la Comunità. Ma non finisce qui…!
Da poco tempo, il “nostro grest” non è più solo quello di “Maria Madre della Chiesa”, ma è condiviso con la parrocchia di San Bartolomeo. Questa lieta novità ha comportato la necessità di intraprendere un cammino comune per responsabili e animatori delle due parrocchie. Il tutto da vivere anche in un’ottica di futura più istituzionale cooperazione nell’azione pastorale.
Tra pochi giorni si vedranno i frutti di questi ultimi mesi: programma delle attività, possibilità di iscrizioni, indicazioni di costi, orari… Intanto, un’esperienza viva, appassionante ha coinvolto quanti puntano i propri talenti sulla pastorale giovanile, sapendo che è una scommessa vincente ogni qual volta si propone Cristo e ci si mette in gioco per indicarlo presente nel servizio, nel gioco, nel gruppo... nel mondo.


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IL PUNTO SUI LAVORI

La facciata del teatro parrocchiale dopo essere stata “velata” per qualche tempo, adesso mostra in tutto il suo splendore la nuova fisionomia!
Possiamo dire che esteriormente la struttura del nuovo teatro è praticamente definita, restano ovviamente da completare gli impianti e gli ambienti interni, ma anche su quel fronte molto è stato completato.
Anche i “lavori” di contribuzione di tanti parrocchiani stanno continuando a produrre frutti che, in dettaglio, mostriamo nel riquadro in questa pagina.
Ci auguriamo di poter dare al più presto resoconto della ultimazione di tutti gli interventi: per il momento continuiamo a seguire con estremo interesse i progressivi sviluppi.

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NOLI ME TANGERE (non toccarmi)

di Cesare

Mi piace, Signore, ritornare sulla Tua parola,
letta il giorno di Pasqua, perché è una parola “giovanile”,
molto dinamica, con persone che si muovono di corsa:
corre Maria di Magdala,
corrono i due discepoli verso il sepolcro.
E questa corsa fa aumentare anche i battiti del mio cuore,
come sicuramente ha fatto aumentare
i battiti del cuore dei tuoi discepoli,
non solo a causa della “rincorsa” o “ricerca”
della Tua persona, con la quale avevano trascorso
tre lunghi anni della loro movimentata vita,
ma anche per l’ansia di conoscere che cosa è accaduto.
I due quadri: la Maddalena e i due discepoli,
riportano non solo le azioni,
ma anche i sentimenti delle persone coinvolte.
Maria di Magdala scopre il Tuo sepolcro aperto
e corre a riferirlo a Simone
e «all’altro discepolo, quello che Tu amavi».
I due corrono al sepolcro ed entrano insieme
e trovano tutto in ordine.
Oltre la fretta, di Maria di Magdala,
non ci viene riferito altro, nessun suo sentimento.
Però il fatto che ella si sia recata al Tuo sepolcro
«di buon mattino, quand’era ancora buio»,
e per di più da sola, lascia intuire la sua sollecitudine,
pur nella sua solitudine.
In quel momento il Tuo sepolcro
rappresenta l’unico legame con Te,
l’unico modo per superare
quello stato di orfana
in cui si è appena venuta a trovare.
Conquistata da Te, Maestro,
aveva abbracciato con slancio la Tua causa.
La Tua morte ha spezzato il legame fra voi
ed ora la sua presenza al sepolcro è un modo per starti vicina.
La sua andata al sepolcro
è da ascrivere ad un atto d’amore.
Alla vista della grossa pietra ribaltata
Maria di Magdala
pensa subito ad un furto del cadavere.
Non viene neppure sfiorata dall’idea della risurrezione.
Si precipita dagli apostoli rivelando di avere in loro
un punto di riferimento. Il suo messaggio
«hanno portato via il Signore dal sepolcro
e non sappiamo dove l’hanno posto»,
fa capire che per lei il sepolcro aperto
può significare solo la sparizione del cadavere.
La Maddalena rivela un grande amore per Te,
anche se rimane impermeabile
ad una prospettiva diversa da quella della Tua morte.
Il cammino verso la comprensione della risurrezione
compie un passo in avanti quando è detto
che l’altro discepolo nel sepolcro «vide e credette».
La fede, mio Signore, non è facile per nessuno.
Anche in questo caso l’amore aperto e generoso
fa da compagno alla fede.
Passo dopo passo i due discepoli
e Maria di Magdala comprendono
che Tu non vai cercato tra i sepolcri, ma altrove.
E questa donna continua a cercare
e a chiedere con ansia ove è stato messo il Tuo corpo.
Ed ecco al giardiniere:
«Se l’hai preso tu…».
«Maria!».
Ma come hai pronunciato quel nome,
come l’hai guardata, Gesù?
Si sta precipitando ad abbracciare i tuoi piedi,
Tu, però, usi una pedagogia diversa:
«Non mi toccare!».
Ma lei ti ama e vorrebbe immediatamente sentirti
fra la sue braccia per acquisire sicurezza,
per trasmetterla, poi, ai suoi fratelli.
In questo momento tu, Maria di Magdala,
divieni simbolo del nuovo popolo,
redento e chiamato per nome dal Risorto.
Un popolo smarrito
che piange la perdita del Maestro,
ma, preso per mano da questa donna,
può iniziare a chiamarti
«Rubbuni-Mio maestro».

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LETTERA AD UN AMICO

Se chiudo gli occhi ti rivedo don Gianni, che con passo svelto ti dirigevi verso la Chiesa per celebrare la S. Messa vespertina, oppure suonare il campanello di qualche famiglia perché bisognosa di un consiglio, di una parola di conforto, oppure semplicemente, come si dice ora, non arrivava a fine mese.
Sempre disponibile ad ascoltare tutti, anche il più umile.
Per te le anime erano tutte uguali; non facevi distinzione. Avevi sempre una parola di conforto e di incoraggiamento.
La tua casa (stanza) era sempre aperta. Non avevi serratura, telefono, ma sulla tavola c'era un'agenda aperta sulla quale ti scrivevamo il nostro messaggio e tu prontamente ti facevi vivo dopo il lavoro i fabbrica.
Nella povertà sei sempre vissuto, ma circondato da tanta ricchezza che ti veniva dall'affetto di tante persone che ti hanno sempre stimato e voluto bene come ad un fratello.
I tuoi insegnamenti alla luce del Vangelo ci hanno aiutato a "crescere".
Cinque anni fa per un tragico incidente ti sei fermato, ma nella mente e nel cuore di tanti di noi il tuo ricordo è sempre vivo.
Ti abbraccio insieme a tanti amici

Paola

Signore, tu che conosci e scruti l'intimo dei cuori,
guarda a don Gianni con occhi amorosi.
Lenisci e compensa il suo dolore con ricordi sereni.
Lui, che è stato per tutta la Comunità sacerdote, amico, fratello.
Lui che sapeva elargire a quanti avvicinava parole di pace, serenità, conforto, speranza.
Signore, fa' che, guardando al tuo cuore di Padre,
risponda con le parole di Samuele: “Eccomi Signore sono pronto…”
A te mi abbandono,
perché tu sei la mia forza e lo scopo ultimo del mio soffrire.

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SS. Cresime e Prime Comunioni 2013

Domenica 26 maggio, alla S. Messa delle ore 10.30, la nostra Comunità è chiamata a far festa perché ventidue nostri ragazzi accoglieranno la Confermazione dello Spirito Santo e parteciperanno per la prima volta alla Comunione con il Corpo Eucaristica di Cristo.
Siamo tutti chiamati ad accompagnare con la preghiera questi nostri amici, affinché questa straordinaria tappa del loro cammino di fede li fortifichi e dia loro la gioia di testimoniare ogni giorno nel mondo l’amore di Dio.
Ecco i loro nomi: NICOLO’, VALENTINA, SIMONE, MICHELE, ERIKA, MATTEO, TOMMASO, SIMONE, MATTIA, ANNA, ILARIA, STEFANIA, SERENA, VERA, ASIA, VERONICA, STEFANO, GIANLUCA, GIULIA, AURORA, LUCA, CHIARA.

Il Gruppo Emmaus in ritiro a Fantecolo

Fantecolo (fraz. di Provaglio d’Iseo) è stato per due giorni il luogo di ritiro per i ragazzi del gruppo Emmaus che - in preparazione alla celebrazione dei sacramenti della Cresima e Prima Comunione – sono “saliti sul monte a pregare” e vivere un’esperienza di riflessione nella condivisione.
Abbiamo accolto i ragazzi a “Villa San Giuseppe”, splendido luogo che consente un’immersione nella natura che già invita alla preghiera e lo abbiamo fatto al ritmo di canti da ballare tutti insieme nella gioia di proclamare in musica la nostra fede.
Ci siamo confrontati nella condivisione; ciascuno ha espresso cosa trova di positivo e cosa di negativo in sé.
Poi abbiamo posto l’attenzione dei fanciulli su una metafora, ispirata da una preghiera di Madre Teresa di Calcutta: ognuno di noi è paragonabile ad una matita, unica e diversa da tutte le altre matite.
C’è una Mano che la guida e questa mano noi la chiamiamo Dio, che ci ama immensamente.
Di tanto in tanto, Dio usa il temperino che ci farà soffrire un poco, ma alla fine sarà più affilata, così se sappiamo sopportare un po’ il dolore diventeremo persone migliori.
A volte, occorrerà una gomma per cancellare gli sbagli, ma bisogna ricordare che davvero importante nella matita non è il legno o la forma esteriore, ma la grafite che è all’interno.
La matita lascia sempre un segno: il nostro personale segno! Tutto ciò che faremo nella vita lascerà tracce e insieme a tutti i colori dell’amore possiamo dipingere il più bel disegno di Dio: la fratellanza universale.
Ad accompagnare i ragazzi in questo cammino di riflessione ci ha aiutato anche Padre Luca (appartenente alla Comunità Carmelitana di Adro) che ha celebrato la Messa per loro e ha accolto le confessioni con tanta sensibilità e amorevolezza.
Al momento della cena abbiamo spezzato un enorme pagnotta, a ricordo del gesto eucaristico che svelò la presenza di Cristo ai “discepoli di Emmaus”, poi mentre ogni ragazzo teneva in mano un lumino, una lanterna-mogolfiera veniva lanciata in cielo.
Non sono certo mancati i momenti di svago e di tempo libero, sotto un clemente cielo di inizio primavera, con interminabili partite di calcio, giochi all’aria aperta e l’appassionante “Caccia al tesoro dello Spirito”.
Ha pranzato con noi Don Gian Mario che ha condiviso la parte finale del ritiro, conclusosi con un momento di riflessione per i genitori dei ragazzi.
Così mentre si svolgevano le ultime sfide calcistiche e le ultime passeggiate all’aria aperta, gli adulti hanno centrato la loro attenzione sulla necessità di essere tralci uniti alla vite di Cristo e, nello stesso tempo, di essere alberi la cui linfa della Fede si trasmette ai figli.
E’ stata una forte esperienza di evasione dal quotidiano per centrare l’attenzione sull’essenziale del nostro essere cristiani che ha trasmesso ai ragazzi un indizio in più per sperimentare l’amore di Dio e ha rinverdito nei più grandi il senso del proprio essere strumento di trasmissione della fede.
Resta nei cuori di chi ha partecipato il segno di un cammino condiviso, percorso per giungere al termine ad un punto di … partenza: la celebrazione dei sacramenti come nastro di avvio per una vita più consapevole delle proprie potenzialità.
Per concludere, un sentito grazie ai due “papà di supporto” che hanno vissuto con i ragazzi due giorni (e una notte!) di quelli che lasciano il segno.

Franca, Katia, Mariangela, Rosanna, Sandra

La parola ai ragazzi del Gruppo Emmaus

Al ritiro mi sono divertita a ballare e a partecipare alla Messa con Padre Luca. Poi anche a fare la matita e la serata con i lumini. Mi è rimasto impresso che come la matita lascia un segno; così noi ogni giorno lasciamo il nostro segno nel cuore degli uomini.
Giulia

Al ritiro mi è piaciuto giocare a calcio. Mi sono divertito molto a fare la caccia la tesoro, mi è piaciuto costruire la matita e confessarmi con Padre Luca.
Simone B.

Mi è piaciuto quando è venuto Padre Luca e quando abbiamo fatto la caccia al tesoro. Non mi sono piaciute le “canzoncine” e mi è piaciuto costruire la matita (perché ho chiacchierato tutto il tempo).
Anna

Il momento più bello è stato quando abbiamo fatto volare la lanterna in giardino. Mi è piaciuto anche quando a cena abbiamo spezzato la pagnotta: come Gesù quando all’ultima Cena ha spezzato il pane.
Valentina

A me sono piaciute queste cose: quando abbiamo lanciato la lanterna, quando ci hanno insegnato la canzone, quando Padre Luca ci ha fatto un progetto, quando abbiamo costruito la matita con le catechiste.
Stefania

E’ stato molto bello far volare la “mongolfiera”. E’ stato bello giocare con il filo e parlare di ciò che ci piace e non ci piace di noi!
Ilaria

A me del ritiro mi sono piaciute tante cose: 1 Quando abbiamo pregato e ballato; 2 Quando abbiamo condiviso il PANE come all’ultima cena. 3 Quando abbiamo fatto la Messa con Padre Luca. 4 Quando abbiamo costruito la matita con scritte le sue 5 qualità 5 Quando abbiamo fatto volar la MONGOLFIERA.
Asia

Al ritiro è stata bella la caccia al tesoro e la storia del principe felice e della rondine. Il pigiama party è stato bello. Aurora

Mi è piaciuta la condivisione del pane, la confessione con Padre Luca e fare il chierichetto. Mi è piaciuto anche fare molte partite a calcio.
Nicolò

Al ritiro mi sono divertita molto. Il momento più bello è stato quando Katia ha spezzato una pagnotta: ha fatto il simbolo che ha fatto Gesù. Bellissimo il momento quando abbiamo lasciato volare una lanterna uscendo dalla villa con una processione di lumini.
Chiara

Mi sono piaciuti la Caccia al Tesoro, l’incontro con Padre Luca, le canzoni e la mongolfiera.
Simone F

A me è piaciuto quando Padre Luca ci ha raccontato la storia della statua del principe felice e la rondine. Poi mi è piaciuto quando abbiamo lanciato la lanterna. La cosa che non mi è piaciuta è ballare e mi è piaciuto fare il pigiama party.
Veronica

Il momento più emozionante per me è stato far volare la lanterna perché volava piano e in alto. Mi è piaciuto anche pregare insieme e aver condiviso una enorme pagnotta come ha fatto Gesù.
Vera

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LA PREGHIERA DELLE CINQUE DITA di Papa Francesco

Vent'anni fa circa, Papa Francesco, allora Vescovo di Buenos Aires, scrisse una preghiera che diventò molto popolare in Argentina. Si tratta di una preghiera molto semplice che rispecchia, di fatto, il carattere e lo "stile" del Santo Padre.
1. Il pollice è il dito più vicino a te. Quindi, comincia a pregare per coloro che ti sono accanto. Essi sono i più facili da ricordare. Pregare per coloro che amiamo è "un dolce compito".
2. Il dito successivo è l'indice. Pregate per coloro che insegnano, educano e guariscono. Hanno bisogno di sostegno e saggezza per guidare gli altri nella giusta direzione. Teneteli presenti nelle vostre preghiere.
3. Il dito seguente è il più alto. Il dito medio ci ricorda i nostri leader, i governanti e tutti quelli che hanno l'autorità. Essi hanno bisogno della guida divina.
4. Il quarto dito è quello dell'anello. Sorprendentemente, il dito anulare è quello più debole. Egli ci ricorda di pregare per i più deboli, i malati o gli afflitti da problemi. Essi hanno bisogno delle vostre preghiere.
5. E infine abbiamo il nostro dito mignolo, il più piccolo tra tutte le dita. Il mignolo dovrebbe ricordare di pregare per te stesso. Dopo aver finito di pregare per i primi quattro gruppi, le tue esigenze appariranno nella giusta prospettiva e sarai pronto a pregare per te stesso in modo più efficace.

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ANGELI IN CHIESA

Da qualche settimana ci sono due presenze discrete nella nostra chiesa, che accompagnano le nostre celebrazioni, che vegliano la nostra preghiera.
Sono due raffigurazioni di angeli, generosamente offerte da nostri parrocchiani, posti ai lati del portale d’ingresso che ornano la parete interna e, quasi nascondendosi agli occhi dei fedeli, sembrano vigilare sul luogo del nostro ritrovarsi domenicale.
Nelle chiese ortodosse, le icone degli angeli sono poste nell’ordine superiore dell’iconostasi e così i fedeli ortodossi imparano quale sia il posto degli angeli nell’economia divina: accanto al trono di Dio. Il posto degli angeli è lì davanti al trono.
Ma a volte irrompono nelle vicende umane e nel Tempio il posto degli angeli è nella penombra dove dalle icone, sotto il tremolio delle lampade a olio, sembrano ammiccare e quasi tirare per la giacca. I “nostri” angeli rispecchiano l’iconografia classica: reggono la sfera trasparente del mondo, i loro volti parlano il linguaggio misterioso della bellezza e della grazia di cui è adorna la loro effige.
I corpi immateriali sono avvolti in panneggi, resi preziosi da intarsi di color oro zecchino, i capelli sono vaporosi. Angeli, signori del silenzio: la bocca chiusa da un invisibile sigillo, gli occhi grandi e ardenti, riflettono lo sguardo di Colui che i loro stessi occhi contemplano. Angeli: occhi di Dio!
Hanno una posizione eretta, leggermente china. Non sono in posizione di riposo, ma nell’atteggiamento di essere pronti ad aiutare, proteggere, servire l’uomo.
In conclusione di queste brevi note, qualcuno potrebbe porre questa domanda:
“Ma a che serve vedere gli angeli?”.
Possiamo rispondere con i Padri della Chiesa: “Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio”. Ma “in Lui”. In un Amore più grande, dunque. Non per sua natura o per suo merito l’uomo si salva, ma perché creatura amata dal suo stesso Creatore.
La funzione degli angeli diventa così quella di intermediari tra l’invisibile carità di Dio e la limitata terrestrità dell’uomo. Superando anche le leggi della fisica e della gravità.

Carmine

 

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GSO:IL PUNTO

E' tempo di tesseramento.

A partire da domenica 26 maggio, ogni persona di buona volontà della nostra Parrocchia avrà la possibilità di tesserarsi per il nostro Gruppo Sportivo. Non bisogna essere né atleti, né troppo atletici per tesserarsi: è sufficiente avere a cuore il “momento sportivo” dell’oratorio ed essere consapevoli del forte valore aggregativo, formativo e pastorale che l’attività sportiva offre soprattutto alle giovani generazioni (e non solo a loro!). Ma vediamo di saperne di più...

- Quale scopo ha il GSO Casazza?
Dalla sua fondazione, l'obiettivo è sempre stato esclusivamente quello di offrire a tutti un’occasione per vivere i valori dello svago, dell’impegno e dell’aggregazione sportiva in oratorio. In tanti anni di vita il GSO ha sempre fatto sport non fine a sé stesso o per raggiungere chissà quali risultati, nemmeno per “scoprire nuovi talenti sportivi”.
Ha rappresentato il "braccio ludico" dell’attività pastorale parrocchiale, organizzando, sempre in unità con il Parroco, momenti di festa (Palio - Rogo della Vecchia - Tornei - Castagnata…) per grandi e piccoli.

- Perché un tesseramento adesso?
Con questa iniziativa si vorrebbero richiamare “forze fresche”: soprattutto giovani che hanno voglia di seguire l’attività sportiva, persone che possano portare idee nuove e un rinnovato entusiasmo!
Ogni anno, a settembre, all’inizio dell’attività agonistica, è sempre esiguo il numero di chi è disposto a dare una mano come allenatore, dirigente, accompagnatore o anche come semplice collaboratore.
Chi per tanti anni ha animato il gruppo è pronto a fare un “passo indietro”, augurandosi che questo serva a coinvolgere nuove energie.
- Un tesseramento “comunitario”?
Il tesseramento rientra nella procedura per l’elezione degli organi associativi del GSO (Consiglio Direttivo – Presidente – Vicepresidente – Segretario – Tesoriere) e, in concomitanza con il Palio delle Contrade, verrà convocata l’Assemblea degli associati.
Ma ci si augura che in occasione del tesseramento si prenda coscienza che il GSO è parte integrante dell’intera Comunità Parrocchiale.

- Chi ha la possibilità di tesserarsi?
Tutti coloro che vogliono sostenere l’impegno del Gruppo Sportivo.
- Cosa bisogna fare per tesserarsi?
Nei giorni stabiliti, sarà sufficiente dare le proprie generalità agli incaricati del GSO che consegneranno al momento la tessera personale al costo simbolico di € 2,00.

- Che vantaggi saranno attribuiti ai possessori della "Tessera GSO Casazza"?
Ovviamente avranno un posto riservato, in prima fila, in tribuna coperta, per le partite casalinghe delle nostre squadre di calcio...!
Scherzi a parte, l'iscrizione significa dimostrare un interessamento all'attività sportiva oratoriale, ciascuno potrà dare il suo contributo come sentirà di fare e poi ogni tesserato potrà partecipare all'Assemblea del gruppo.

- Negli ultimi anni il Gruppo ha rivolto la sua attenzione in particolare al settore giovanile. Quali sono stati i risultati?
Il nostro obiettivo è sempre stato quello di dare l’opportunità di fare sport sano ai giovani della Parrocchia sin dalla più tenera età.
Da due anni è partito un progetto che coinvolge i bambini dai 5 anni in su per avvicinarli allo sport di squadra, ma già da parecchio tempo le nostre rappresentative giovanili coinvolgono nel calcio, tennis tavolo e volley un gran numero di bambini e ragazzi, dalla scuola elementare alla quinta superiore.
Ci si augura che l’iniziativa del “tesseramento” porti tante persone ad offrire la propria disponibilità: c’è n’è proprio bisogno!

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