La Bussola - Casazza
novembre 2013
"INSEGNACI A CONTARE I NOSTRI GIORNI "

indice degli articoli:
"Carissimi": il messaggio del parroco
Missionari in casa
la comunione dei santi
L'incontro mancato
Circolo culturale CSI
Il segreto del paradiso
Pomeriggio di riflessione
Famiglie che riprendono il cammino
Che cos'é il purgatorio
Un teatro di comunità
L'augurio del vescovo
Un fiore può far riflettere
Celebrazione di chiusura dell'anno della fede
Catechesi per tutte le età
Ci impegnamo
Il GSO in Val Dorizzo
Raccolta di S.Martino
GSO: il punto

Carissimi,

Usciamo dal grembo materno ed entriamo in questo mondo; dopo l’infanzia facciamo il nostro ingresso nell’adolescenza; lasciamo l’adolescenza per la giovinezza, la giovinezza per l’età matura e la vecchiaia. Infine viene il momento di partire da questo mondo al quale ci siamo forse affezionati al punto da ritenerlo la dimora definitiva e di non volerlo più abbandonare. Eppure su questa terra la nostra aspirazione alla pienezza della gioia e della vita viene continuamente frustrata. Quando, con disincanto, consideriamo la realtà, verifichiamo ovunque segni di morte – malattie, ignoranza, solitudine, fragilità, fatica, dolore, tradimenti – e concludiamo: no, non può essere questo il mondo definitivo, è troppo ristretto, troppo segnato dal male. In noi affiora allora il desiderio di spaziare al di là dell’orizzonte angusto in cui ci muoviamo; sogniamo perfino di essere rapiti su altri pianeti dove forse si è liberi da ogni forma di morte. Nell’universo che conosciamo, il mondo al quale aneliamo non esiste. Per appagare il bisogno di infinito che Dio ci ha messo in cuore è necessario lasciare questa terra e intraprendere un nuovo esodo. Ci viene chiesta una nuova uscita, l’ultima – la morte – e questa ci spaventa. Anche i tre discepoli che, sul monte della trasfigurazione, hanno udito Gesù che parlava del suo “esodo” da questo mondo al Padre (Lc 9,31) sono stati colti da paura: “Caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: ‘Alzatevi e non temete!” (Mt 17,6-7).

il vostro parroco,
Don GianMario

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MISSIONARI IN CASA

Sta per concludersi l’anno della fede e il nostro vescovo Luciano, con la lettera pastorale rivolta alla diocesi per questo anno pastorale, invita la comunità cristiana a espandere la fede con azione missionaria. “Come il Padre ha mandato me, io mando voi”.
Nel mese di ottobre, mese missionario, in parrocchia sono state offerte occasioni di riflessione sulle proposte del vescovo.
L’evangelizzazione assume modalità diverse a seconda delle persone a cui si rivolge.
I missionari in Africa o in Asia, dove sono radicate religiosità profonde e molto diverse, trovano un ambiente culturale diverso dal nostro, dove il cristianesimo si è radicato in cultura e tradizioni secolari.
Eppure anche da noi è necessaria una “nuova evangelizzazione” sia per i credenti e praticanti, che per credenti non praticanti e per i vari atei.
I credenti cristiani devono continuamente approfondire la loro adesione a Cristo e diventare testimoni del vangelo nel nostro ambiente che si va scristianizzando.
La diffusione dell’istruzione a tutti i livelli, i progressi della scienza e della tecnica, il benessere materiale … fanno ritenere sorpassata e inutile la fede in Dio.
La missione dei credenti perciò deve aggiornarsi e attrezzarsi a rispondere alle sfide della modernità.
I cristiani devono mostrare che la fede non nega i valori della scienza e della tecnica moderna, ma dona un altro valore alla vita, rende la persona capace di una luce nuova per le esperienze umane.
Lo dice il papa all’inizio della sua prima enciclica “Lumen fidei”: “Lo spazio per la fede si apre lì dove la ragione non può illuminare, lì dove l’uomo non può più avere certezze.” (n.3). “La fede nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita.” (4).
La testimonianza dei cristiani sarà soprattutto amare tutti per dimostrare che l’amore di Dio abita in noi.

don Francesco


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La comunione dei santi

dal Catechismo della Chiesa Cattolica

Che cosa significa “comunione dei santi?
Alla “comunione dei santi” appartengono tutti gli uomini che hanno riposto in Cristo la loro speranza e che con il Battesimo gli appartengono, che essi siano morti o che vivano ancora.
Poiché noi siamo un corpo solo in Cristo, viviamo in una comunione che abbraccia il cielo e la terra.
La Chiesa è più grande e viva di quello che noi pensiamo: le appartengono i vivi ed i morti, che essi si trovino ancora in un processo di purificazione, o che siano già nella gloria di Dio, conosciuti o sconosciuti, grandi santi o persone qualsiasi.
Possiamo esserci vicini l’uno con l’altro anche oltre la morte; possiamo invocare i nostri patroni o i nostri santi preferiti, ma anche i nostri parenti defunti che crediamo già giunti presso Dio.
D’altro canto con la nostra preghiera possiamo essere di aiuto ai defunti che si trovano ancora in una fase di purificazione.
Ciò che il singolo fa o soffre in Cristo o per Cristo giova a tutti; viceversa questo significa anche che ogni peccato macchia tutta la comunità.


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L’incontro mancato (Lc 16,19-30)

di Cesare

«C’era un uomo ricco (…) », e
«Un mendicante di nome Lazzaro (…)».

Venerdì sera, Gesù,
nell’imminenza della solennità liturgica di S. Francesco,
la comunità religiosa francescana,
ha offerto alla cittadinanza – come ogni anno –
un concerto ricco di significati religiosi.
È stata eseguita la IX Sinfonia di Schubert
-detta anche La Grande –. L’orchestra, Arteviva
di Milano,
ha alternato momenti di musica lenta e riflessiva
a momenti vibranti, esaltanti, appassionati,
volendo significare che spesso la ricerca dell’uomo
assume tonalità intime, dolci
e drammatiche allo stesso tempo,
con l’intento di condurci all’incontro con l’altro.

Quella sera, Gesù, ho compreso
che il racconto dell’uomo ricco, epulone,
e del povero Lazzaro non vuole esaltare la povertà
e farci detestare la ricchezza, ostentata,
non descrive una lotta di classe (ricco versus povero),
ci vuol far comprendere, invece,
che in questa pagina del Tuo Vangelo,
viene a mancare l’incontro tra due persone
di pari dignità.
Come siamo lontani dal Tuo incontro
con i discepoli di Emmaus:
«Resta con noi, Signore, perché si fa sera…».

Lazzaro – Tu a lui dai un nome –
affamato, povero, ricoperto di piaghe,
si trascina al palazzo del ricco
– al quale non dai neppure un nome, perché vuoi
che ci sentiamo interpellati, tutti noi, ricchi epuloni,
sulle nostre molteplici ricchezze, materiali e spirituali
e riconosciamo che ci comportiamo come l’epulone,
perdendo la nostra identità,
esercitando il nostro egoismo
chiudendoci nella solitudine del nostro essere,
rifuggendo da ogni incontro con l’altro –.

E, come sempre avviene,
ecco il giorno del «redde rationem…».
«Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli
nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto».
Qui la storia si capovolge.
Colui che era povero in terra,
che raccattava le briciole di pane,
al quale i cani, mossi a compassione,
leccavano le ferite,
si trova nel seno di Abramo.
L’epulone, invece, …muore e viene a trovarsi
talmente lontano da Lazzaro
da non poter far scendere nulla
per recargli un po’ di sollievo.
Ma anche in questo stato
l’epulone non cerca l’incontro con l’altro,
cerca una goccia d’acqua per sé, perché si sente bruciare
e tratta Lazzaro da schiavo
e dice ad Abramo di mandarlo
ad ammonire i suoi familiari.
Abramo capisce
che non ci può più essere dialogo tra i due,
nessun incontro e … taglia corto:
«Hanno Mosé e i Profeti: ascoltino loro».
A questo punto cala il sipario.
Nessun incontro… e la lontananza dei due
ritorna per sempre incolmabile.
Regna l’”incomunicazione”
tra i due diversi mondi: il mondo di Lazzaro
e il mondo del ricco, senza volto e senza nome.

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Circolo culturale CSI parrocchiale:
Visita a S. Pietro in Lamosa, Parrocchiale di Provaglio d’Iseo e Cantine del 25 settembre 2013

Il pullman è al completo. Si parte alle ore 14,00 per Provaglio d’Iseo con la guida del nostro don Gian Mario, il quale è emozionato perché siamo diretti nella sua terra natale e non gli sfuggirà l’occasione di farcene gustare il fascino.
Quante volte abbiamo percorso la rotabile per Iseo? Questa volta è diverso, ci sentiamo coinvolti e godiamo la bellezza del paesaggio. Più di tutto ci fa riflettere la simbiosi avvenuta nel corso dei secoli tra territorio e comunità. L’uomo, in terra di Franciacorta, ha dimostrato le sue migliori capacità nel trasformare un territorio spesso ostile e malsano in un luogo adatto ad offrirgli sostentamento e risorse anche per l’avvenire. Mi riferisco all’attuale prosperità dei vigneti e all’importante attività estrattiva della torba nel recente passato.
Verso le ore 15,00 siamo nel monastero cluniacense di S. Pietro in Lamosa, dove ascoltiamo per circa un’ora e mezza le spiegazioni della guida. Ci colpisce il fatto che siano stati i monaci a favorire lo sviluppo della zona fin dall’anno 1000 insegnando ai contadini nuovi tipi di semina, procedure di bonifica ecc. e ridonando fiducia e sicurezza a quelle popolazioni povere e tartassate da scorribande di vario tipo. I monaci ottennero l’esenzione da dazi e dogane, non dipendevano da nessuna autorità civile e religiosa, fatta eccezione per il Papa. Così il monastero prosperò; nel 1085 venne edificata la chiesa che fu ampliata in periodi successivi, ne sono testimonianza le cappelle laterali con volte ad archi di stili diversi. Sulle pareti sono evidenti diverse stratificazioni di pitture, effettuate in epoche successive. La chiesa sorge in posizione sopraelevata, all’inizio della zona delle Torbiere del Sebino, oggi “Riserva Naturale Regionale”. Il termine “S. Pietro in Lamosa" deriva da “le lame” sulle quali la chiesa sorge (le lame sono una vasta distesa di specchi d’acqua profilati da argini, risultato dall’escavazione di un giacimento torboso). La zona è talmente interessante e ricca di flora e fauna che non c’è pittore paesaggista bresciano che non se ne sia occupato.
Facciamo poi visita all’Azienda Agricola “Fratelli Berlucchi”. Ci colpiscono l’ordine e la pulizia, la struttura dell’azienda, che si sviluppa su una vecchia cascina padronale, mirabilmente ristrutturata, perché ha conservato pregevoli elementi del passato fondendoli armoniosamente ai più moderni allestimenti per la produzione del famoso “bollicine” di Franciacorta e ci offre una duplice degustazione di spumanti, accompagnata da formaggio grana e patatine (tutto gratis grazie al nostro don).
Dopo questa gradita degustazione e qualche acquisto di bottiglie di ottimo spumante, partiamo per la parrocchiale di Provaglio dedicata a SS Pietro e Paolo e risalente al 1792. Qui il don ci fa da guida (è il suo territorio…) soffermando la nostra attenzione sui grandiosi affreschi della volta di Giuseppe Teosa e sull’organo, progettato da Antonio Amati (1828-1834). L’attuale parroco di Provaglio ci accoglie con grande piacere, ci fa dono di un prezioso volumetto che illustra il paese e le zone limitrofe e ci apre l’oratorio per darci la possibilità di consumare un’ottima merenda-cena a base di panini, salumi, formaggi, buon vino (produzione “Guatta”) e frutta, preparati da alcune nostre volontarie, tra cui la signora Rocchi.
Ripartiamo soddisfatti ed arriviamo a casa verso le ore 20.

Amelia Manfredi

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Il Segreto del Paradiso

da Bruno Ferrero - L'Importante è la Rosa

Una volta un samurai grosso e rude andò a visitare un piccolo monaco. "Monaco", gli disse "insegnami che cosa sono l'inferno e il paradiso!".
Il monaco alzò gli occhi per osservare il potente guerriero e rispose con estremo disprezzo: "Insegnarti che cosa sono l'inferno e il paradiso? Non potrei insegnarti proprio niente. Sei sporco e puzzi, la lama del tuo rasoio si è arrugginita. Sei un disonore, un flagello per la casta dei samurai. Levati dalla mia vista, non ti sopporto".
Il samurai era furioso. Cominciò a tremare, il volto rosso dalla rabbia, non riusciva a spiccicare parola. Sguainò la spada e la sollevò in alto, preparandosi a uccidere il monaco.
"Questo è l'inferno", mormorò il monaco.
Il samurai era sopraffatto. Quanta compassione quanta resa in questo ometto che aveva offerto la propria vita per dargli questo insegnamento, per dimostrargli l'inferno! Lentamente abbassò la spada, pieno di gratitudine e improvvisamente colmo di pace.
"E questo è il paradiso", mormorò il monaco.

Dopo una lunga ed eroica vita, un valoroso samurai giunse nell'aldilà e fu destinato al paradiso.
Era un tipo pieno di curiosità e chiese di poter dare prima un 'occhiata anche all'inferno.
Un angelo lo accontentò e lo condusse all'inferno.
Si trovò in un vastissimo salone che aveva al centro una tavola imbandita con piatti colmi di pietanze succulente e di golosità inimmaginabili. Ma i commensali, che sedevano tutt'intorno, erano smunti, pallidi e scheletriti da far pietà.
"Com'è possibile?", chiese il samurai alla sua guida. "Con tutto quel ben di Dio davanti!".
"Vedi: quando arrivano qui, ricevono tutti due bastoncini, quelli che si usano come posate per mangiare, solo che sono lunghi più di un metro e devono essere rigorosamente impugnati all'estremità. Solo così possono portarsi il cibo alla bocca".
Il samurai rabbrividì. Era terribile la punizione di quei poveretti che, per quanti sforzi facessero, non riuscivano a mettersi neppur una briciola sotto i denti.
Non volle vedere altro e chiese di andare subito in paradiso.
Qui lo attendeva una sorpresa.
Il Paradiso era un salone assolutamente identico all'inferno.
Dentro l'immenso salone c'era l'infinita tavolata di gente; un'identica sfilata di piatti deliziosi.
Non solo: tutti i commensali erano muniti degli stessi bastoncini lunghi più di un metro, da impugnare all'estremità per portarsi il cibo alla bocca.
C'era una sola differenza: qui la gente intorno al tavolo era allegra, ben pasciuta, sprizzante di gioia.
"Ma com'è possibile?", chiese il samurai.
L'angelo sorrise. "All'inferno ognuno si affanna ad afferrare il cibo e portarlo alla propria bocca, perché si sono sempre comportati così nella vita. Qui, al contrario, ciascuno prende il cibo con i bastoncini e poi si preoccupa di imboccare il proprio vicino".
Paradiso e inferno sono nelle tue mani. Oggi.

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Pomeriggio di Riflessione sulla Lettera Pastorale del Vescovo

Sabato 19 ottobre, un piccolo gruppetto ha aderito all'iniziativa di ritrovarsi in oratorio per confrontarsi e riflettere sulle proposte che il nostro Vescovo Luciano ha avanzato a tutti i fedeli della Diocesi con la Lettera Pastorale "Come il Padre ha mandato me, così mando voi". Erano invitati i componenti del Consiglio Pastorale, Catechisti ed Educatori che operano in parrocchia ed è stato un momento di condivisione straordinario, perché - come raramente accade - abbiamo potuto mettere in comune quanto ciascuno aveva nell'anima, suscitato dalle parole del vescovo.
Dopo aver pregato, abbiamo letto alcuni passi della Lettera poi… ci siamo fermati e, divisi in due gruppi, abbiamo espresso ciò che sentivamo.
Volendo riassumere le riflessioni, possiamo sintetizzare che protagonista della Lettera è la Missione che ciascun discepolo di Cristo deve vivere: questa missione è "contagiare gli altri in un continuo contagio d'amore". Nel dare tutto di noi stessi esprimiamo la nostra missione nel mondo.
La Lettera offre numerosi spunti concreti da mettere in pratica e ogni paragrafo si può riassumere in pochi termini semplici, che allo stesso tempo sono profondi, ma la parola che sintetizza le molte esortazioni del Vescovo è "amore".
Spesso facciamo fatica a vedere Dio in chi ci sta vicino. Molte volte facciamo fatica ad amare anche le persone che come noi si impegnano nella evangelizzazione, ma che hanno idee diverse dalle nostre. Possiamo mettere in campo la virtù della sopportazione che fa prevalere l'amore sulla sofferenza di voler bene chi non la pensa come noi.
Ma il Vescovo parla spesso di "gioia" che dovrebbe caratterizzare chi è discepolo di Cristo, in quanto il segreto della felicità è "incontrare" Dio ed è solo l'amore che dà felicità e gioia vera. Nella Lettera del Vescovo per ben due volte si auspica la creazione di "gruppi di fedeli" che vivano più intensamente la fede e da loro può partire la contaminazione positiva del territorio. L'invito alla missione non può lasciarci muti o usare un linguaggio che pur essendo corretto, non arriva all'altro. Ci vuole uno sforzo per essere comprensibili nei riguardi delle persone che vogliamo incontrare.
Punto di partenza: l'equilibrio tra parole, preghiera e opere. E' difficile far capire l'amore. E' necessario spesso accompagnare anche i gesti concreti con la parole per dare risalto ai fatti e far notare il positivo.
Per riuscire in questo, non basta essere cristiani di nome e nemmeno esserlo "di fatto", nel fare tante cose, ma serve essere cristiani "nel cuore". Ci si deve sentire veramente convertiti dentro, "rinati", entrati in una "vita nuova" che porta a condividere gesti concreti, guidati dallo Spirito d'Amore. La preghiera può dare uno stile diverso alle opere.
E' richiesto un ripensare il concetto di "missione" in un contesto che cambia e ogni atto di missione deve tenere a modello il viaggio di Maria dalla cugina Elisabetta, in cui si esprime la ricerca dell'altro, l'attenzione all'altro.
Nel tempo in cui viviamo, ci accorgiamo che è difficile incarnare la realtà della prima comunità cristiana, rendere visibile la testimonianza, così come ci viene richiesto.
E' difficile andare di casa in casa con il sorriso. E' difficile avvicinare i non credenti, ma forse può essere un punto di partenza pregare per loro. Essere "missionari", essere testimoni credibili dell'amore di Dio è molto difficile e forse troppo lontano dalla realtà di Comunità che si vive nella nostra Parrocchia, ma non dobbiamo scoraggiarci, anzi bisogna saper vedere la bellezza di tante realtà che ci sono: a volte basta fermarsi a guardare "dall'esterno" per rendersene conto! La missione parte dal cuore e arriva al cuore - Non dobbiamo spaventarci!

Carmine

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FAMIGLIE CHE RIPRENDONO IL CAMMINO

Sono ripresi i consueti appuntamenti del secondo sabato di ogni mese che riuniscono, in oratorio, quanti hanno voglia di percorrere un cammino di catechesi familiare.
L'aggettivo "familiare" indica, innanzitutto, che il percorso vuole essere vissuto in un clima di condivisione, per sentirsi in famiglia, per mettere in comune esperienze e riflessioni.
Per intraprendere il cammino è sufficiente essere famiglia, quindi è invitato chi ha figli e chi non ne ha, chi è separato e chi non ha più accanto il coniuge, chi ha alla base il matrimonio religioso e chi ha voglia di farne il progetto della propria vita.
Quest'anno, gli spunti per la riflessione avranno come "filo rosso" storie di coppie della Bibbia.
L’intento con cui leggere le storie di queste famiglie non è quello di trovare indicazioni precise su cosa fare o non fare, le loro storie non sono dei modelli. Sono esperienze che tracciano delle luci o evidenziano delle ombre nella vita di una coppia e di una famiglia. Non hanno la pretesa di dire tutto ma piuttosto di aprire una riflessione, guardare più a fondo nelle relazioni che si vivono giorno per giorno. Ma l'intenzione è quella di non sentirsi comunque vincolati da un programma, quanto provare a darsi reciprocamente una mano a vivere la consapevolezza che confrontarsi "alla luce della Parola" permette di rendere presente Dio nella storia, grande e piccola di ogni giorno.



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Che cos’è il purgatorio?

Il purgatorio, che spesso viene presentato come un luogo, è in realtà una condizione. E’ in purgatorio chi muore nella grazia di Dio (quindi in pace con Dio e con gli uomini), ma che ancora ha bisogno di purificazione prima di poter vedere Dio faccia a faccia.
Quando Pietro tradì Gesù, il Signore si voltò e Pietro pianse amaramente, provando una sensazione analoga a quella del purgatorio. E allo stesso modo un purgatorio attende presumibilmente la maggior parte di noi al momento della morte: Il Signore ci guarda pieno di amore e noi proviamo una vergogna bruciante e un pentimento doloroso per il male commesso o anche “solo” per il nostro comportamento privo di amore.
Solo dopo questo dolore purificatore saremo capaci di incontrare il suo sguardo d’amore in una serena gioia celeste.
- Possiamo essere di aiuto ai defunti che si trovano nella condizione del purgatorio?
Si, poiché tutti i battezzati in Cristo formano una comunione e sono legati fra loro, anche i vivi possono aiutare la anime dei defunti in purgatorio.
Con il nostro digiuno, la nostra preghiera, le nostre opere buone e soprattutto con la celebrazione dell’Eucaristia, possiamo chiedere grazia per i defunti.
dal Catechismo della Chiesa Cattolica

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UN TEATRO DI COMUNITA’

Nel quartiere Casazza, a Brescia, domenica 13 ottobre, si è tenuta l’inaugurazione del nuovo teatro della comunità, ristrutturato dopo tre anni di lavoro. L’evento si è aperto con uno spettacolo e una performance dei giovani con canti e musiche dal vivo.
All’evento ha portato il suo saluto anche il vescovo Luciano Monari, che ha avuto parole di elogio per la struttura: “Il teatro è bello perché in linea con la crescita dei ragazzi, il vero punto cardine di una società”. I lavori di ristrutturazione non hanno implicato solo il teatro stesso, ma anche tutti i locali adibiti ai servizi, ad esempio, l’area cucina e il garage.
Il parroco don Gianmario Biemmi ha esposto i motivi per i quali la comunità ha ritenuto opportuno investire nel rinnovo dei locali dell’oratorio: “Era necessario ed era da fare… È stato un recupero per la comunità per far sì che i ragazzi si esprimano”. Dal 2010 il parroco della comunità cittadina dedicata a Maria Madre della Chiesa è don Gian Mario Biemmi.
Il teatro può essere visto come un elemento da valorizzare per incontrare il mondo giovanile. “Lo abbiamo fatto per anni. Risponde – commenta Monari – alle esigenze contemporanee e nuove: capacità di stare insieme necessaria”. Più in generale l’oratorio resta un punto di riferimento per la comunità.
“Maturità che sia del colore del vangelo. Tutto ciò deve collocarsi in una possibilità, quella di aiutare i ragazzi a prendere e decidere scelte libere”.
L’edificio è una costruzione della fine degli anni Sessanta in prefabbricato con struttura in ferro. L’intervento di ristrutturazione si è reso necessario in quanto l’edificio si presentava in condizioni pessime con un grave
deficit riguardante principalmente la copertura e le gronde; l’interno presentava impianti fatiscenti e non a norma così pure gli ambienti annessi al teatro. Si è deciso il suo “restyling” con l’adeguamento alla normativa
degli impianti esistenti, la trasformazione della sala platea da 240 posti a 90 posti, l’allungamento del palco e la formazione di un retro palco per l’allestimento delle scenografie. Sono stati risistemati gli ambienti che erano adibiti a garage e i vecchi spogliatoi (edificati negli anni Ottanta) annessi al teatro, realizzando, oltre agli spogliatoi degli artisti (con annessi servizi e docce), dei nuovi servizi igienici ad uso dell’oratorio per le attività all’aperto. Con l’edificazione del vano a servizio ristoro con fuoco a barbecue, l’intervento nel suo insieme ha permesso di riqualificare interamente quella parte esterna di oratorio che era fatiscente. Massima attenzione al superamento delle barriere architettoniche eliminando i dislivelli attraverso rampe di raccordo.
Il rinnovamento strutturale può diventare un’occasione per la parrocchia Maria Madre della Chiesa di avvicinare i giovani all’arte della recitazione e della musica per renderli protagonisti e interpreti della profonda carica umana e simbolica che la cultura riesce a trasmettere.

da “La Voce del Popolo” n. 39/2013
del 17 ottobre 2013

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L’AUGURIO DEL VESCOVO

L'inaugurazione di un oratorio mi piace perché dà espressione dell'interesse della Comunità cristiana al cammino educativo dei ragazzi, alla loro crescita che credo sia davvero il problema più importante che una società deve affrontare.
Il futuro dipende da quanto riusciamo a passare di quella ricchezza di umanità che abbiamo ricevuto nel passato, che abbiamo cercato di fare nostra, ma che dobbiamo trasmettere in eredità, perché la vita appartiene a noi affinché la trasmettiamo agli altri.
Io come pastore lo ripeto spesso che "l'uomo non nasce fatto", l'uomo nasce dal fango e il "fare l'uomo" è l'attività più preziosa e più difficile da realizzare. Perché fare l'uomo vuol dire: aiutare il bambino a diventare una persona attenta, capace ad entrare in rapporto con il mondo, con la realtà intorno, essere capace di incontrare gli altri.
Poi non basta che sia attento, deve diventare intelligente, capace di capire quello che succede, di comprendere i rapporti tra gli altri e la sua vita; deve diventare una persona ragionevole, capace di distinguere la realtà dalle preferenze.
Deve diventare una persona responsabile, vuol dire una persona che sa perché fa le cose: quando fa una cosa, la fa non perché gli capita di farla, ma perché ci ha pensato sopra, ha verificato se è giusta o sbagliata, se produce del bene o del male, quindi ha valutato le motivazioni della sua scelta.
Deve diventare una persona etica, capace di scegliere il bene anche quando costa e individuare il male anche quando è sfuggente.
E deve diventare una persona buona, che si fa carico del bene degli altri, che non si occupa solo del proprio interesse, ma sa rispettare e favorire anche l'interesse degli altri.
Tutte queste cose sono tante: diventare attenti, intelligenti, ragionevoli, responsabili, buoni… è un cammino che è complicato, in cui ci vuole tutta l'intelligenza degli adulti (genitori, educatori) che ha intorno: in cui ci vuole il cuore.
Perché una persona cresce quando si sente amata, quando cerca di rispondere con la sua vita all'amore che ha ricevuto, alle premure di cui è stato oggetto.
Da quello che vedo oggi, si vede che la Comunità di Casazza si interessa che i bambini diventino delle persone umane, "fatte bene", con il cuore umano, con una intelligenza umana e, dal punto di vista cristiano, che imparino da Gesù Cristo quali sono gli obiettivi fondamentali da proporsi nella vita.
Dal punto di vista cristiano, qualunque strada si percorre, l'obiettivo deve essere amare Dio e il prossimo. Dove amare il prossimo vuol dire farsi carico del bene degli altri.
Diceva uno psicologo (Viktor Frankl): Uno degli errori che l'uomo fa è rincorrere la felicità con l'illusione di poterla raggiungere e afferrare. Quindi non cercare troppo la felicità. Per avere la felicità devi avere qualcosa per cui valga la pena impegnarsi. E quando l'hai trovata, mettici tutto te stesso (intelligenza, energie…), farai fatica. ma alla fine, voltandoti indietro dirai: "Sono stato felice".
L'uomo è fiero quando la sua vita ha prodotto qualche cosa di bello.
L'augurio è proprio quello che l'oratorio possa educare ad amare, cioè a rispettare gli altri, ad ascoltare, a collaborare.
Quando si gioca in squadra i bambini imparano a collaborare con gli altri, a cercare non il successo personale, ma quello di squadra.
In questo, il gioco ed il teatro sono educativi, perché permettono di sperimentare un rapporto tra persone che trovano la gioia nel costruire e realizzare insieme qualche cosa di bello.
Non possiamo evitare che i nostri bambini abbiano difficoltà, ma l'oratorio deve servire a dare loro la capacità di affrontare le prove della vita con intelligenza, con bontà… con cuore.
Luciano Monari

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UN FIORE PUO' FAR RIFLETTERE

Da ragazzino, nella mia parrocchia, in occasione dei funerali, spesso il parroco mi affidava un compito che mi faceva sentire “grande”: stare al banchetto del “fiore che non marcisce”. E’ usanza non da tutti condivisa quella di versare una somma di denaro per testimoniare il proprio affetto verso un defunto, affidando a una cartellina in cartoncino il compito di certificarlo.
Mi capitava perciò di aiutare persone anziane a compilare il “ricordo” (avevo una bella grafia all’epoca!) e, a volte, assistevo anche a composizioni originali da parte di persone che lasciavano pensieri o piccole preghiere; capitava anche che qualcuno scrivesse un nome diverso da quello del defunto e, segnalato l’errore, si accorgeva di aver sbagliato funerale…
Ovviamente, l’aspetto “divertente” era la competizione con gli altri ragazzi che svolgevano lo stesso mio servizio nelle altre postazioni: si combatteva a suon di numero di cartelle compilate o di somma di denaro raccolta. Terminato il servizio, il ringraziamento del Don era sempre “appetitoso” (un gelato, un arancino, una gazzosa …!) e questo invogliava tanti come me a partecipare a quell’esperienza che trovavo “conveniente”.
Iniziato come “un gioco”, quell’incarico mi ha permesso di riflettere sul rapporto vita/morte.
Al termine delle celebrazioni, vedevo i parenti del defunto ritirare le cartelle. Le consideravo portatrici di un valore inestimabile, perché contenevano i gesti concreti di affetto verso più persone: il defunto, i suoi parenti, i destinatari della beneficenza che grazie all’offerta venivano sostenuti. Ricordo che al termine del funerale di mia nonna le raccolsi personalmente e furono momenti sinceramente emozionanti quelli che seguirono a casa, quando, con i miei familiari, lessi i vari pensieri fatti pervenire in quel modo da amici e parenti.
Un giorno ebbi anche il compito di trasformare una parte dell’incasso di un funerale in saldo dei “buoni spesa” che la caritas parrocchiale elargiva in convenzione con un negozio di generi alimentari del quartiere. Ebbi la consapevolezza di quanto l'amore e la generosità possono essere fecondi in ogni circostanza, anche in quelle apparentemente più tristi. Conoscevo le tante persone che usufruivano del “buono spesa”, avevo assistito tanti che nel “fiore” deponevano il loro affetto… ora mi sentivo un anello di quella catena di amore.
Funerale, 2 novembre, visita al cimitero… penso ci aiutino a diventare "saggi", ricordare la nostra finitezza, ci fanno essere più buoni, ci anticipano il respiro della pace eterna: sono "luoghi" della fede che vincono la morte. Sono spazi sacri dove l'aldilà e l'aldiqua comunicano attraverso l'amore.
Carmine

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Celebrazione di chiusura dell'Anno della Fede

La Santa Messa di Chiusura dell'Anno della Fede sarà celebrata domenica 24 novembre, festività di Cristo Re dell'Universo, in Piazza San Pietro alle ore 10.30.
A conclusione dell’Anno della fede, sabato 23 novembre, Papa Francesco incontrerà quanti, da adulti, hanno deciso di diventare cristiani. Questo incontro vuole essere un segno: l’Anno della fede termina ma continua per ogni cristiano l’impegno a rispondere quotidianamente al Signore Gesù che invita ad essere suoi discepoli, manda nel mondo ad annunciare il Vangelo e a testimoniare con la vita la gioia della fede.

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CATECHESI PER TUTTE LE ETA’

E’ ormai ripreso il normale andamento di vita della nostra Comunità in tutti i suoi aspetti pastorali.
Sono ricominciati anche i periodici momenti di incontro, dedicati ai nostri ragazzi e giovani, che permettono loro di praticare un costante allenamento nell’amore e nella conoscenza del volto di Dio.
Per i gruppi di ragazzi che percorrono l’itinerario di “Iniziazione Cristiana” è tempo di celebrare i riti di passaggio che segnano altrettante tappe di maturazione.
Domenica 27 ottobre ha “aperto le danze” il gruppo Gerusalemme che, con il rito di Consegna “Traditio” della Bibbia, si è impegnato ad accostarsi con costanza alla Parola di Dio.
Nelle prossime domeniche sarà la volta degli altri: i ragazzi del gruppo Cafarnao riceveranno il “Padre Nostro” domenica 10 novembre; il gruppo Nazareth celebrerà il rito dell'’Accoglienza il 17 novembre, mentre chi fa parte del gruppo Emmaus sarà solennemente ammesso fra i candidati ai sacramenti delle Cresima e della Prima Eucaristia domenica 24.
Sono momenti importanti che affidano alla preghiera e alle cure della Comunità le esperienze di fede dei più piccoli, ma possono diventare strumento di riflessione per tutti, perché accostarsi alla Sacra Scrittura, rinnovare le promesse battesimali, prepararsi bene all’incontro con il Corpo di Cristo… non sono cose da bambini, ma sono realtà che, in quanto cristiani, siamo chiamati a vivere in prima persona.
E’ bello sottolineare che il gruppo Antiochia, formato dai ragazzi che hanno incontrato lo scorso maggio per la prima volta Gesù Eucaristia, ha ripreso con slancio e nutrita partecipazione il previsto cammino di “consolidamento” dell’Annuncio.
E’ sempre in agguato il rischio “piccione”, che comporta il “volar via” dei ragazzi del dopo-Cresima, ma le premesse sono incoraggianti.
Anche i giovani hanno dato il via ai loro primi incontri dell'anno, inaugurati dalla festa in oratorio denominata “R.O.C.K.” (acronimo di Ricomincia Ora Con Krist).
A loro e agli educatori che li accompagnano va tutta la vicinanza della comunità, perché riuscire a “nutrire” un bel numero di giovani con alimenti di fede e di carità è un sicuro investimento sul presente e sul futuro della società.
Un Don qualche anno fa auspicava che dai gruppi giovanili della sua parrocchia potessero formarsi giovani “con la spina dorsale di cemento armato”, pronti ad affrontare la vita con coraggio!

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Ci impegniamo

di don Primo Mazzolari

(segnalato da Marco)

Ci impegniamo
Noi e non gli altri
Unicamente noi e non gli altri
Né chi sta in alto né chi sta in basso né chi crede né chi non crede.
Ci impegniamo
senza pretendere che altri si impegnino con noi o per suo conto
come noi o in altro modo.
Ci impegniamo
senza giudicare chi non s’impegna
senza accusare chi non s’impegna
senza condannare chi non s’impegna
senza cercare perché non s’impegna
senza disimpegnarci perché altri non s’impegnano.
Sappiamo di non poter nulla su alcuno né vogliamo
forzare la mano ad alcuno, devoti come siamo e come intendiamo rimanere
al libero movimento di ogni spirito più che al successo di noi stessi o dei nostri convincimenti …
Se qualche cosa sentiamo di potere – e lo vogliamo
fermamente – è su di noi, soltanto su di noi.
Il mondo si muove se noi ci muoviamo
si muta se noi ci mutiamo
si fa nuovo se alcuno si fa nuova creatura
imbarbarisce se scateniamo la belva che è in ognuno di noi.
L’ordine nuovo incomincia se alcuno si sforza di divenire un uomo nuovo.
La primavera incomincia col primo fiore
La notte con la prima stella
Il fiume con la prima goccia d’acqua
L’amore con il primo sogno …
Ci impegniamo
Per trovare un senso alla vita, a questa vita, alla nostra vita.
Una ragione che non sia una delle tanta ragioni che ben conosciamo e che non ci prendano il cuore, un utile che non sia una delle solite trappole generosamente offerte ai giovani dalla gente pratica …
Ci impegniamo
Non per riordinare il mondo
Non per rifarlo su misura ma per amarlo …
Ci impegniamo
Perché noi crediamo nell’amore
La sola certezza che non teme confronti, la sola che basta per impegnarci perpetuamente.

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IL GSO A VALDORIZZO

Anche quest'anno il Gruppo Sportivo ha organizzato il soggiorno in Valdorizzo che tradizionalmente apre l'attività del GSO e coinvolge i nostri ragazzi più giovani per "fare squadra" in vista dell'inizio dei campionati.
L'edizione di quest'anno prevedeva a fine agosto un giorno di permanenza in più, dal giovedì alla domenica.
Il programma prevedeva - come di consueto - la "autogestione" della casa che ci ha ospitato e il tutto è stato organizzato - come sempre - nel modo migliore dal Presidente e soprattutto da Marco e Laura che hanno dato da mangiare a qualche boccuccia allupata con menù sempre vario e ottimo con tanto di primo, secondo piatto, frutta e buon vino (quest'ultimo ovviamente riservato a noi adulti). Si è fatta una bella passeggiata per raggiungere il “Lago della vacca” ed è stata una bella esperienza, anche se il tempo nuvoloso non ci ha permesso di vedere tutte le bellezze del paesaggio. Al termine della scarpinata, tutti sono riusciti ad arrivare alla meta e, al ritorno, si sono ritrovati estremamente stanchi, ma contenti.
Anche quest'anno siamo riusciti ad avere a disposizione un bel campetto da calcio per dar libero sfogo ad innumerevoli sfide. La particolarità era data dal fatto che il pallone spesso andava nel fiume vicino, ma grazie alla abilità e alle peripezie di Renato e Beppe Colombo si riusciva ogni volta a recuperare la preziosa sfera di cuoio.
Tutti i partecipanti hanno dato il loro importante contributo, ma mi sento di ringraziare più sentitamente chi ci ha saziati con grande abbondanza e generosità. Un sentito grazie anche a Don Gianmario che ci ha accompagnato ed ha voluto offrirci la sua compagnia. Lo abbiamo festeggiato per il suo compleanno ed è stato bello vedere i ragazzi stringersi intorno a lui. Pochi giorni fa mi ha ricordato questa vacanza dicendomi mentre andavo al campo: Roberto andiamo in Valdorizzo? Gli ho risposto: Certo l'anno prossimo!
Certo e lo ripeto visto che ogni anno è sempre meglio.

Roberto

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Raccolta di S.Martino

La Raccolta di S. Martino è una tradizione ben consolidata nella nostra Diocesi che ci invita a vivere la carità in gesti concreti. Al di là del raccogliere vestiti usati, l’iniziativa vuole ricordare il valore di un impegno vissuto comunitariamente nella condivisione, realizzando progetti di grande respiro. L’obiettivo di quest’anno è quello di realizzare un progetto di sviluppo del sistema di approvvigionamento idrico per il villaggio di Dagaha Galal, nell’Etiopia orientale, al confine con la Somalia. In questo villaggio di 5690 abitanti, attualmente, si raccoglie acqua non sicura da pozzi di superficie, raggiungibili con un percorso di circa 4/5 ore. Si intende realizzare e allacciare al villaggio un nuovo acquedotto che colleghi un pozzo di profondità presente in una località poco distante. Sapere che il proprio maglione non più di moda o la giacca ormai troppo stretta contribuiranno a rendere più umana la vita di tante persone può invogliare anche a fare di più. Sapere che tutto ciò è possibile grazie ai tanti volontari (tra cui anche i ragazzi della nostra parrocchia) può anche invogliare a dare una mano in più. Grazie a tutti coloro che collaborano alla riuscita della Raccolta.

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GSO: IL PUNTO

I primi risultati di questa stagione sono proprio incoraggianti per il nostro Gruppo Sportivo. Non parliamo dei risultati delle partite (li potete leggere qui) quanto delle adesioni alle nostre squadre giovanili. In particolare, fa piacere constatare che il gruppo dei più piccoli calciatori (gli under 10) ha raggiunto quota sedici ragazzini tra i sette e i dieci anni e, poco alla volta, sta prendendo le misure nella prima esperienza di campionato. Anche la squadra under 12 ha una rosa ben nutrita, mentre allievi e top junior, pur confrontandosi con rappresentative aventi spesso atleti di qualche anno più grandi, stanno dando prova di grande compattezza. Per il tennistavolo, poi, registriamo, oltre agli ottimi piazzamenti finora ottenuti nelle prove individuali, anche la partecipazione al torneo a squadre, dove Andrea, Matteo e Stefano, seguiti da mister Flavio, hanno ripreso a misurarsi con le rappresentative della provincia dopo un anno di stop.